Ancip: “Riforma e lavoro portuale, è necessaria una visione più ampia”

di Leonardo Parigi

Un’Europa in cerca di sé stessa e un mondo che rischia di finire nel vortice dei conflitti vanno a chiudere il 2024, anno che ha visto comunque una crescita economica diversificata ma stabile, a livello globale. Quanto è difficile fare una previsione per il prossimo futuro? “Difficile fare previsioni perché stiamo, oggettivamente, vivendo una delicatissima fase storica in cui ancora non sono chiari i pesi e i contrappesi con gli inevitabili spostamenti di potere e di leadership potenze mondiali”, riflette Gaudenzio Parenti, direttore generale di Ancip, associazione nazionale delle compagnie e delle imprese portuali. “Non esiste più uno status quo, e tutte le guerre e le crisi globali in atto lo testimoniano. Inoltre, e non può più essere sottovalutato, che ad oggi si sovrappongono più tipologie di conflitti: da quelli canonici degli eserciti a quelli innovativi digitali passando per quelli economico-finanziari“.

Gaudenzio Parenti

“Non siamo analisti di intelligence, per cui non possiamo avere contezza di come sarà il riassestamento del potere”, prosegue Parenti, che però sottolinea: “Di certo i porti, e soprattutto alcune tipologie di imprese portuali, saranno cartine al tornasole di ciò che andrà consolidandosi. L’esempio lo abbiamo avuto con la crisi del Mar Rosso, quando siamo stati i primi a livello di cluster portuale a lanciare l’allarme e prevedere in larga parte gli effetti che ci sono stati sui rallentamenti e diminuzione dei traffici portuali. Infine, dobbiamo anche immaginare la possibilità, ormai non più remota, che le crisi globali unite ai cambiamenti climatici possano in un futuro prossimo ampliare notevolmente gli scambi commerciali sulla rotta artica. Rotta che, geograficamente taglierebbe fuori il Mediterraneo. Di contro abbiamo, come portualità italiana, alcune possibilità da cogliere al volo come le rotte e i corridoi IMEC (India, Medio Oriente ed Europa). È nelle difficoltà che dobbiamo creare nuove possibilità e nuove occasioni per creare risorse”.

Diversi presidenti di autorità di sistema portuale sono prossimi al cambio, e siamo in attesa ancora della riforma di cui si parla da molto tempo. Cosa vi aspettate, e quali punti vorreste più evidenziati?

“Non entro nel discorso delle nomine perché non sarebbe corretto nei confronti delle Istituzioni governative e parlamentari che sono deputate alla scelta delle migliori figure da mettere a capo dei sistemi portuali. Per ciò che concerne invece la possibile riforma portuale, ripeto ciò che ho espresso in audizione in parlamento e presso il Cipom. Abbiamo necessità, qualora il legislatore intenda perseguire un percorso di riforma, di un sistema portuale nazionale organico con una forte e autorevole regia e governance centrale e con visione comune di ampio respiro. Che sappia tutelare la naturale diversificazione commerciale dei porti e che abbia forza per dialogare, anche tramite acquisizioni all’estero, con i big player mondiali dei trasporti e della logistica, mantenendo al contempo il potere regolatorio del mercato nazionale portuale”. 

porto di genova

Il nuovo contratto ha portato stabilità, ma i nervi scoperti del settore rimangono ancora l’età avanzata dei lavoratori, la sicurezza in senso più ampio e la scarsa formazione. Dove bisogna agire?

“Il Ccnl dei porti è un pilastro per la stabilità della nostra portualità, e tale deve rimanere: a tutela della sana imprenditoria e delle garanzie della dignità dei lavoratori. Formazione e turnover generazionale: due filoni che devono essere necessariamente ampliati e supportati. L’evoluzione del comparto portuale non può avvenire solo attraverso le infrastrutture materiali e immateriali, dimenticando l’elemento principale quali le imprese e gli operatori delle stesse. La logistica del futuro, soprattutto quella connessa alla portualità, deve necessariamente transitare attraverso la valorizzazione e il potenziamento del lavoro portuale. Partendo da questi assunti, come cluster portuale e logistico nazionale, abbiamo necessità di un grande programma straordinario di rilancio del lavoro in ottica futura: da una parte la formazione e il potenziamento delle competenze, soprattutto digitali, di realtà aumentate e di padronanza dell’IA da parte degli operatori, dall’altra un piano di accompagnamento anticipato alla quiescenza degli operatori portuali, attraverso il fondo di accompagnamento all’esodo e all’inserimento del lavoro portuale tra quelli usuranti, al fine di consentire un costante ricambio generazionale realmente strumentale all’efficienza e all’evoluzione dell’intero sistema portuale nazionale”.

Il traffico ro-ro può compensare il calo dei traffici container, anche se gli ultimi mesi sembrano più positivi?

“Chi opera e conosce i porti sa che, al netto dell’andamento sinusoidale che può avere varia natura, il numero dei container movimentati rimane, orientativamente, sempre tra gli 11 e 12 milioni di teus. Il settore Ro-Ro – quindi dello Short Sea Shipping, che implica anche le autostrade del mare e l’automotive, può invece avere ancora ampi margini di incremento e, quindi, siamo assolutamente favorevoli, al prolungamento del vecchio Marebonus, oggi Sea “Modal Shift”, per aumentare questo traffico molto redditizio per le nostre imprese. Anche perché, e lo sottolineo con forza, le due tipologie di traffico non sono antitetiche e non devono quindi essere messe in competizioni. Sviluppare e agevolare entrambi i traffici sono le basi per la crescita dei nostri porti. Infine, è bene ricordare di consolidare il mercato crocieristico di cui l’Italia è leader mondiale”.

Leonardo Parigi