L’Europa guarda alla logistica per restare competitiva

L’autunno ha portato con sé la definizione della nuova Commissione Europea, ma a Bruxelles manca sicuramente la convergenza politica. I vice di Ursula Von der Leyen non sono passati indenni da un dettagliato esame delle famiglie politiche europee, e lo scetticismo è forse il sentimento più diffuso. Così la fotografia internazionale ed economica non guarda all’Europa con grande favore, osservando i dati e le aspettative dei mercati per i prossimi mesi. E l’inverno in Ucraina potrebbe portare ulteriori grattacapi per le agende delle principali cancellerie. L’Europa economica, però, guarda ancora con favore al settore della logistica. Qualche settimana prima della scorsa tornata elettorale per rinnovare Parlamento e Commissione, Espo – l’associazione dei porti europei – aveva pubblicato le sue linee strategiche fino al 2029, chiedendo che venisse dato spazio ad alcuni punti fondamentali. Primo fra tutti: implementazione. “Focus sull’implementazione: i porti europei chiedono ai decisori politici di fornire chiarezza e supporto ai porti per garantire l’implementazione efficace delle normative esistenti. In questo contesto, le incoerenze o le politiche contrastanti dovrebbero essere affrontate”.

Un punto fondamentale per l’organizzazione guidata da Zeno D’Agostino, che ricalca anche l’annosa questione delle differenze politiche e geografiche delle nazioni europee. Ma non solo, perché Espo chiedeva anche di concentrarsi sui porti perché diventino hub e creatori di energia rinnovabile, introducendo un altro anello considerato cruciale, ovvero la riduzione delle emissioni. “I porti in Europa vogliono un accordo su un meccanismo di fissazione del prezzo delle emissioni di gas serra marittime globali ben definito; ai porti dovrebbe essere consentito di dare priorità agli investimenti verdi laddove ha più senso in termini di riduzione delle emissioni; è necessario un dialogo continuo con le parti interessate per evitare attività inutilizzate; il nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra del 90% deve essere visto come un trampolino di lancio verso il 2050”.

I numeri europei dei porti

Secondo Eurostat, “Nel 2023, i porti marittimi dell’Uu hanno gestito circa 3,4 miliardi di tonnellate di merci. Il volume di merci è diminuito del 3,9% rispetto al 2022 (3,5 miliardi di tonnellate) ed è aumentato del 5,0% rispetto al 2013 (3,2 miliardi di tonnellate). La quota maggiore di merci gestite dai principali porti dell’UEenel 2023, il 21,0%, era costituita da carbone e lignite, petrolio greggio e gas naturale. Seguono coke e prodotti petroliferi, che hanno rappresentato il 16,1% del volume totale. Minerali metallici e altri prodotti minerari e di cava hanno rappresentato il 7,2%, prodotti dell’agricoltura, della caccia, della silvicoltura e della pesca hanno raggiunto il 6,8% e prodotti chimici, gomma, plastica e combustibile nucleare hanno rappresentato collettivamente il 6,4%. Prodotti alimentari, bevande e tabacco hanno rappresentato il 4,7% delle merci totali gestite dai porti dell’Ue”.

E ancora: “I Paesi Bassi hanno gestito 545 milioni di tonnellate di merci nel 2023, mantenendo la loro posizione di principale paese per trasporto merci via mare nell’Unione Europea. L’Italia segue con 501 milioni di tonnellate, davanti alla Spagna con 472 milioni di tonnellate. Tutti e 3 i principali paesi hanno registrato diminuzioni nelle merci gestite rispetto al 2022, con cali rispettivamente del 7,6%, 1,7% e 3,7%. Tra i 22 paesi dell’UE con dati disponibili, 17 hanno registrato diminuzioni nel volume di merci gestite nel 2023 rispetto al 2022. I maggiori cali relativi sono stati registrati in Estonia (-31,0%), Lettonia (-21,5%) e Finlandia (-9,0%)”. Ma, fa sapere sempre Espo, servono robusti investimenti agli scali. Sia per mantenerne la produttività, sia per collegarsi a una rivoluzione industriale che non attende, e che oggi – fatto salvo il complesso quadro internazionale – rischia di travolgere chi non si farà trovare pronto.

“Saranno necessari oltre 80 miliardi di euro di investimenti nei prossimi dieci anni da parte dei porti europei per favorire la transizione energetica, ma anche per soddisfare le esigenze di miglioramento della gestione della catena di approvvigionamento. La maggior parte di questi investimenti saranno pubblici, poiché pubblica è la natura della quasi totalità delle autorità portuali europee“. In una nota dello scorso luglio, Bruxelles sottolineava che erano stati selezionati ben 134 progetti nel settore dei trasporti, che avrebbero beneficiato di oltre 7 miliardi di euro di sovvenzioni.

“Circa l’83% dei finanziamenti sosterrà progetti in linea con gli obiettivi climatici dell’Uu, incentrati sul miglioramento e l’ammodernamento delle ferrovie, delle vie navigabili interne e delle rotte marittime all’interno della rete transeuropea dei trasporti (Ten-T). Tra i progetti più importanti figurano i collegamenti ferroviari transfrontalieri negli Stati membri baltici (Rail Baltica), tra la Francia e l’Italia (Lione-Torino) e tra la Danimarca e la Germania (tunnel Fehmarnbelt)”. Non solo, perché “Una ventina di porti marittimi in diversi paesi beneficeranno inoltre di un sostegno per l’ammodernamento delle infrastrutture, in particolare per la fornitura di energia elettrica da terra per le navi e il trasporto di energia rinnovabile”. Confidando nella stabilità europea e, soprattutto, nella tenuta politica delle sue istituzioni cardinali. 

Leonardo Parigi