Quando Mario Draghi puntò i suoi occhi sulle opportunità date dagli Its (istituti tecnici superiori), i fondi del Pnrr apparivano come il tesoro del leprecauno. Una pentola d’oro, invisibile ma percepibile, che avrebbe potuto risolvere se non tutti, buona parte dei problemi classici del mondo del lavoro del settore. A due anni di distanza dallo stanziamento di oltre 1 miliardo di euro per la formazione specializzata, a metà del guado, i risultati scarseggiano e il futuro è incerto. Eppure il mondo Its avrebbe tutte le prerogative per supplire ai buchi negli organici del mondo logistico, e prevalentemente potrebbe aiutare a rinnovare un personale la cui età media continua ad avanzare. A farne le spese sono soprattutto le compagnie portuali, che vedono ancora buona parte dei propri organici a lavorare in banchina e sulle gru a oltre 50-60 anni, con un conseguente aumento dei rischi per la sicurezza. Punto sottolineato più volte da Ancip e da alcune delle compagnie portuali più esposte su questo punto, che chiedono un approccio deciso da parte delle strutture ministeriali. Eppure, le condizioni economiche mediane delle posizioni aperte sarebbero più che soddisfacenti.
A fare la parte del leone, i tecnici superiori per la mobilità ferroviaria, sia in ambito passeggeri sia per le merci. Un operatore di manovra ferroviaria è ricercato tanto quanto un medico di famiglia, e il rinnovato interesse nei confronti del trasporto su ferro spinge i formatori a chiedere cifre da capogiro per mettersi a disposizione del corpo insegnanti. In tutta Italia sono 147 le fondazioni Its, con oltre 5200 soggetti partner (leggi: aziende) e più di 1800 corsi professionali. I dati di Indire confermano una base strutturale che potrebbe essere sufficiente a coprire non soltanto l’integrazione del fabbisogno di manodopera specializzata, ma anche ad avere quella manifattura altamente qualificata che possa supportare la crescita tecnologica e innovativa.
Perché se i percorsi Its, totalmente gratuiti, sono “paralleli” alle lauree triennali, ricadendo però in un ambito tecnico, è pur vero che il riconoscimento effettivo continua a mancare. E di conseguenza, manca anche una valutazione di merito per chi si affaccia al mondo del lavoro. Perché impegnarsi per un percorso biennale o triennale, spesso poco sicuro in termini di risultato, quando è possibile entrare subito tra le fila dei lavoratori, anche se con meno competenze?
I numeri dei corsi
Sempre secondo Indire, “il monitoraggio nazionale 2024 prende in esame i 349 percorsi terminati al 31 dicembre 2022, erogati da 98 Its Academy. Ai percorsi (biennali e triennali) hanno preso parte 9.246 studenti, e alla fine dei percorsi 7.033 sono stati i diplomati (il 76,1% degli iscritti)”. E ancora: “Sono 9.246 gli iscritti ai 349 percorsi. Il 43,3% degli iscritti afferisce ai percorsi del “Made in Italy” e il 16,5% a quelli della mobilità sostenibile”. Una quota che, considerando il mare magnum di percorsi a disposizione, la differenza di territori economici di riferimento, e la complessità poi di veder trasformato il proprio percorso formativo in lavoro sicuro, è ben lontana dalle necessità nazionali. Secondo l’Imo, inoltre, solo il 16% dell’intera forza lavoro del settore marittimo è composto da donne. Un dato che evidenzia ancora una volta la scarsa conoscenza del settore, anche se va considerato che la media è globale e rispecchia un ventaglio di fattori e valori decisamente variegati. Tuttavia, “onostante alcuni recenti progressi, le donne oggi rappresentano ancora solo l’1,2 percento della forza lavoro globale dei marittimi”, sempre secondo l’agenzia specializzata delle Nazioni Unite.
La carenza di manodopera nel settore della supply chain sta avendo un impatto significativo sulla logistica e sui trasporti. Uno studio di Descartes sulla forza lavoro della supply chain e della logistica ha rilevato che il 37% delle organizzazioni sta riscontrando una forte carenza di manodopera, il 61% ha interruzioni nei trasporti dovute alla carenza di personale e il 58% ha affermato che il buco negli organici ha avuto un impatto sul servizio clienti. Considerando le grandi differenze tra le varie aree lavorative impiegate nel settore, va anche registrato come molti operatori abbiano iniziato già da tempo percorsi di formazione attiva, rinnovo delle politiche di welfare interno, incentivi all’orientamento. Ma senza una spinta forte, chiara e coordinata da parte degli organi nazionali, difficilmente sarà possibile centrare gli obiettivi.
In una recente intervista a Cnbc, Rhett Harris, senior analyst di Drewry, ha affermato che “Stiamo assistendo a una carenza costante di marittimi. Le aziende devono assumere marittimi con meno esperienza di quella che vorrebbero idealmente”, ha aggiunto Harris, sottolineando che i buchi più decisi nell’organico complessivo riguardano le posizioni tecniche di vertice, e in particolare gli ingegneri. La popolazione mondiale di marittimi che prestano servizio su navi mercantili è stimata in oltre 1,8 milioni di persone, di cui oltre 857mila ufficiali. In un report del 2021 firmato da Ics e Bimco, si faceva riferimento al fatto che entro il 2026 sarebbero mancati all’appello oltre 85mila ufficiali, tra coperta e macchina. Un documento ripreso infinite volte, a cui però non sembra sia seguita poi una strategia complessiva a livello mondiale. E le recenti evoluzioni nel settore, con gli attacchi contro le navi mercantili al largo delle coste yemenite, e una progressiva incidenza dell’automazione e del digitale, pongono seri interrogativi sulla disponibilità di una forza lavoro invisibile, ma fondamentale. A bordo come a terra.
Leonardo Parigi