Tra i tanti piani di sviluppo infrastrutturale previsti dal piano nazionale di ripresa e resilienza, l’idrogeno era una delle voci più interessanti del panorama dei finanziamenti. Una risorsa nota, comune e altamente efficiente come combustibile. Combustibile però costoso, perché ottenere idrogeno è un processo altamente energivoro, e quindi poco sostenibile in termini assoluti. Ma la tecnologia per arrivare a utilizzarlo in tutte le declinazioni del trasporto è sempre più efficiente, e così non si contano più i progetti in tutta Europa per arrivare per primi alla soluzione ottimale.
Il Pnrr quindi è stata la leva ideale per potenziare la collaborazione tra il settore tecnologico e quello del trasporto. Soprattutto quello ferroviario, che vede nell’idrogeno un mezzo altamente interessante per avere prestazioni di alto livello e basso costo ambientale. Il sito dedicato al progetto Pnrr riporta che “In Italia circa un decimo delle reti ferroviarie è servito dai treni diesel, che in alcune regioni hanno un’età media elevata e dovrebbero essere sostituiti nei prossimi anni.
È questo il momento giusto per passare all’idrogeno, soprattutto dove l’elettrificazione dei treni non è tecnicamente fattibile o competitiva. E visto che oggi in Italia non esistono stazioni di rifornimento H2 per i treni, il primo passo sarà lo sviluppo di elettrolizzatori ad alta pressione (TRL 5-7) e di sistemi di stoccaggio ad alta capacità, con possibilità di utilizzo di idruri metallici o liquidi (TRL 3-5)”.
Gli investimenti e i prossimi passi
Se nel marzo 2023 venivano firmati i contratti per la costruzione di dieci nuove stazioni di rifornimento lungo sei linee ferroviarie esistenti, entro il 2026 i lavori dovranno essere terminati, e le strutture collaudate. A Innotrans 2024, la fiera dedicata al trasporto ferroviario, erano presenti oltre 2.900 espositori giunti da 59 nazioni. Appuntamento sempre più centrale per le strategie nazionali e internazionali dei paesi europei, che affiancano al trasporto passeggeri anche il settore delle merci. Alstom Italia ha presentato lo scorso settembre un piano di investimenti da 63 milioni di euro per l’Italia, che prevede l’introduzione di nuovi treni a idrogeno sulle reti regionali. Da qui al 2026 l’azienda francese punterà anche sulla costruzione di nuovi fabbricati per le attività di test per i treni a idrogeno.
Se in Italia meno del 50% della rete nazionale è elettrificata, significa che c’è un buon margine per aumentare la quota di trasporto ferroviario che possa passare dal diesel a un sistema più sostenibile. Ma significa anche che lunghe tratte o aree particolarmente difficili non potranno essere elettrificate, spingendo l’idrogeno a essere una soluzione in più per il trasporto. Secondo un rapporto dell’Association of American Railroads, elettrificare tutti i 144.000 chilometri di binari merci degli Stati Uniti costerebbe centinaia di miliardi di dollari. Quindi la domanda ritorna: quale sarà la tecnologia in grado di dare un vero futuro sostenibile al settore?
Anche se non mancano le perplessità. Il Rail Safety and Standards Board del Regno Unito ha pubblicato un rapporto che affronta questioni di sicurezza, standard tecnici e normative necessarie per facilitare l’introduzione sicura dei treni a idrogeno nel servizio regolare. Individua l’incendio come la preoccupazione principale ed esplora diversi modi per mitigare i rischi, tra cui l’ubicazione dei serbatoi di idrogeno sul materiale rotabile e i requisiti di manutenzione per garantire un funzionamento sicuro. Alla fine del 2023 Ansfisa, l’autorità di regolamentazione sulla sicurezza stradale e ferroviaria, ha emanato le ultime linee guida sulla sicurezza per i veicoli ferroviari a idrogeno, dove vengono evidenziati i rischi legati agli incendi, alle esplosioni in caso di fuga dai serbatoi, infragilimento strutturale e ustioni. Dopo l’entusiasmo dato dagli investimenti legati al Pnrr, sarà necessario aspettare ancora per vedere se l’idrogeno saprà ritagliarsi un vero ruolo da protagonista.
Leonardo Parigi