Il nome è sempre stato più adatto a una saga fantasy che a un progetto ferroviario. Ma il Terzo Valico dei Giovi rappresenta certamente qualcosa di mitologico, visto che parliamo di un progetto ipotizzato oltre cinquant’anni fa, e diventato operativo solo nel 2013. Ma nonostante gli undici anni di lavoro, e i molti traguardi raggiunti, ancora non si vede la luce in fondo al tunnel, letteralmente. Progetto firmato da Rfi e condotto da Webuild, il Terzo Valico riporta numeri impressionanti. Una linea che tocca 14 comuni passando per 53 chilometri (37 dei quali in galleria), di cui una parte – quella più vicina a Genova – che rappresenta, con i suoi oltre 27 chilometri di scavo, il percorso ferroviario sotterraneo più lungo d’Italia. Un complesso di opere che porterebbe il trasporto ferroviario ad avere canne gemelle a singolo binario, all’interno delle quali i treni potranno raggiungere una velocità di 250 km/h.
Per ogni galleria, le due canne affiancate sono collegate tra loro da una serie di tunnel trasversali in modo che ciascuna possa servire da via di sicurezza per l’altra. Alla fine di settembre, il commisario straordinario per l’opera, Calogero Mauceri, affermava: “Siamo all’89% di lavori eseguiti e continuiamo a realizzare gli obiettivi prefissati nell’ultimo biennio”, commentando l’abbattimento di un diaframma per collegare le gallerie con il pozzo di aerazione. Il progetto è stato caratterizzato da notevoli problemi geologici, economici e strutturali, e nell’autunno 2024 la fine lavori è ancora distante. Al momento, stando alle informazioni in tempo reale raccolte sul sito dedicato, sono stati scavati oltre 90 chilometri totali di tunnel, mentre a fine lavorazione saranno 15 milioni i metri cubi di materiale di scavo di risulta. E ancora: 3,5 milioni di metri cubi di calcestruzzo, e 160.000 tonnellate di acciaio di armature per il cemento armato, che forniranno la struttura per l’intera linea.
L’aumento dei costi e le difficoltà tecniche
Ma se i costi dovevano stare nei 6,9 miliardi di euro stanziati dal Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) del 2010, con il cantiere che doveva vedere l’inaugurazione a fine 2025, i numeri oggi raccontano un’altra realtà. Sul sito parallelo del cantiere, gestito direttamente dalla struttura commissariale, il contratto di programma riporta già la data del 2026, con l’aggiornamento del finanziamento a 7,6 miliardi di euro, affidati a RFI quale committente dell’opera. Il costo dell’intero progetto è finanziato a quota di 9,5 miliardi di euro, comprendenti anche i lavori per le opere del “nodo di Genova” e del potenziamento dell’area ferroviaria del Campasso.
Il 18 settembre scorso il ministro Matteo Salvini, facendo il punto alla Camera durante un question time del deputato della Lega, Francesco Bruzzone, affermava: “Voglio rassicurare i cittadini sulla prosecuzione dei lavori del Terzo valico dei Giovi, nonostante le difficoltà legate al contesto geologico e al ritrovamento di giacimenti di gas che gli ingegneri non potevano prevedere”. “La nuova opera segue le linee guida indicate nel Libro Bianco dei Trasporti dell’Unione Europea, secondo il quale entro il 2030 il 30% del traffico merci dovrà essere trasferito su ferro, e il 50% entro il 2050, e darà vita a una vera e propria autostrada su rotaia sia per la notevole capacità della linea sia per l’elevata frequenza dei treni”, si legge sul sito ufficiale del cantiere. Un progetto ambizioso, che aspetta solo una conclusione anche per dare una nuova linfa ferroviaria al sistema integrato dei porti liguri.
Ma c’è un altro nome che non ha trovato ancora la fine del suo lungo lavoro. La famigerata linea Tav Torino-Lione, protagonista più politica che logistica dell’inizio del nuovo millennio, vide i suoi primi cantieri nel 2001, ma oggi la galleria è per la maggior parte da scavare. Il progetto, rivisto nel tempo e fatto ripartire ufficialmente nel 2017 dopo una lunga fase di ripensamento su entrambi i versanti di Italia e Francia, prevede un tracciato di 65 chilometri, di cui 57,5 di gallerie, a una quota fra i 474 metri di Susa e i 569 di Saint-Jean-de-Maurienne.
A tutto ciò vanno aggiunte le gallerie di servizio e di collegamento, oltre che tutti gli scavi necessari per i sondaggi geognostici, i pozzi di ventilazione, le perforazioni per l’aerazione e la sicurezza. Un’altra opera colossale, osteggiata da oltre vent’anni da comitati e partiti politici, che porta con sé costi da far tremare i polsi. La quota ipotizzata come cifra finale sarebbe di 11,1 miliardi di euro, stando ai numeri espressi da Telt, l’azienda promotrice responsabile dei lavori, copartecipata da Roma e Parigi. L’aggiornamento dei costi, presentato nel luglio scorso e validato da una società di consulenza terza, rappresenta un aumento del 30% rispetto agli 8,6 miliardi di euro iniziali. La data prevista per la chiusura delle opere è molto in là nel tempo, se consideriamo che ad oggi viene messo nel mirino il 2033. Nove anni ancora di cantieri, considerando che non ci siano impedimenti e stop ai lavori, per una delle opere tra le più costose finanziate dall’Unione Europea attraverso il fondo Connecting Europe Facility.
Leonardo Parigi