Con un’esperienza ultratrentennale nel settore della logistica e dei trasporti, e oggi al vertice di Federlogistica, Luigi Merlo ha vissuto sia nel pubblico sia nel privato le trasformazioni del settore. Un mondo che appare in completa evoluzione, per quanto i chiaroscuri rimangano sempre dietro l’angolo.
Presidente, partiamo dall’opera più discussa. Dopo decenni di dibattito, il Ponte sullo Stretto di Messina è tornato nuovamente in auge, con il pieno sostegno del governo Meloni. Siamo davvero davanti ai blocchi di partenza?
“Personalmente, sono favorevole all’opera di per sé. È un’infrastruttura strategica che può cambiare molti degli aspetti della logistica nazionale, andando anche a supportare le attività in crescita in Sicilia, una regione che sta dando prova di poter sviluppare ampi settori economici. Tuttavia, ci sono due questioni irrisolte. La prima è data dall’altezza del ponte, valutata oggi a 65 metri sul livello del mare. Mi rendo conto che modificare un progetto di questa portata possa comportare considerevoli ritardi e problemi anche di costo, ma già oggi molte navi rischierebbero di non passare con un’altezza simile. E va considerato che il progressivo alzamento dei mari non potrà che peggiorare ulteriormente il problema, perché se si lavora a un’opera ingegnieristica di questo livello, significa guardare a un orizzonte temporale molto lungo. E quindi, non possiamo non tenere in considerazione i grandi cambiamenti globali in atto”.
Oltre a questo punto, però, resterebbero irrisolti i vari punti mancanti della logistica attuale. E la cancellazione di determinati assi di crescita dal piano nazionale rischia di inficiare anche l’opera? “La cancellazione della linea ad alta velocità sulla Catania-Palermo dai progetti previsti con i fondi PNRR è grave, ed è un tema di estrema attualità. Nonostante le parole di rassicurazione, non possiamo permetterci che due città importanti, due metropoli, non siano collegate in maniera civile. Una linea ad alta velocità permetterebbe lo stesso collegamento che esiste tra Milano e Torino, favorendo la crescita di entrambi i poli. Molto di questo tema sta in mano a RFI, dipende da loro andare a recuperare, magari con altre fonti di finanziamento, quello che il governo ha tagliato dall’impianto del PNRR. Ci sono importanti risorse, anche europee, che possono tornare a finanziare queste opere, che sono fondamentali anche per l’eventuale fattibilità del Ponte. Il nuovo ad di RFI, Gianpiero Strisciuglio, vanta grande competenza in materia, e sono sicuro che, con la sua esperienza in fatto di merci, possa dare un’impostazione utile a tutta la questione, per uno sviluppo sostanziale e armonico delle linee.
Il tema della logistica contemporanea, però, non tocca soltanto le infrastrutture, ma anche la tecnologia. A che punto siamo?
“Il fallimento di Uirnet ha significato il trasferimento delle sue competenze non a un altro soggetto paritetico, ma al MIT, che si avvale di RAM per esercitare queste funzioni. Un buon punto, se non fosse che il ministero è soggetto a ritardi e vincoli che lo limitano nelle sue funzioni. Sono ancora troppe le autorità di sistema portuale che non possiedono un Port Community System (PCS), e nel 2023 è inaccettabile. La direttiva europea in materia, la Nis-2, deve essere recepita a livello nazionale entro il 2024, e Federlogistica ha ribadito più volte che l’Italia dovrebbe fare un passo avanti veloce, andando a recepirla già entro la fine di quest’anno. Attenzione, il tema della cybersecurity viene ancora inteso come qualcosa di distante, ma è cruciale. I 253 milioni di euro che il PNRR assegna alla digitalizzazione sarebbero potuti essere anche un’occasione per puntare con forza in questo senso, perché la formazione professionale e l’integrazione dei sistemi sono punti cardine dell’intera industria”.
Quale sarebbe, oltre a quanto già detto, un aspetto importante per lo sviluppo della supply chain italiana, al momento?
“Punterei non soltanto sul ferrobonus, ma su forti sistemi di incentivo a livello regionale. Serve abbattere i costi di manovra, che incidono negativamente sullo sviluppo naturale di questa opportunità, e a llivello locale si può fare molto. Penso alla Liguria, che su questo fronte latita. In questa regione siamo ancora in ritardo. Certo, ci sono ovvie difficoltà orografiche, e la visione dell’impianto piemontese e lombardo scontano ritardi significativi. Il Terzo Valico sappiamo che rappresenta una grande opportunità di crescita, con possibilità incrementali anche per Paesi terzi. Ma bisogna fare di più, come in Veneto, dove Verona e Padova sono già andate a segno su questo fronte”.
Leonardo Parigi