Dieci anni che valgono un secolo. Parliamo del sistema Hyperloop, che nonostante crisi economiche, pandemia globale e instabilità internazionali, prosegue il suo percorso di crescita. La tecnologia degli hyperloop è conosciuta da decenni, e possiamo riassumerla così: Hyperloop sfrutta la capacità di creare un vacuum all’interno di tubi sopraelevati a bassa pressione, in cui far viaggiare le capsule ad altissima velocità, senza l’attrito che può avere un treno. In sostanza, si tratta di far viaggiare dei “pod” alla velocità che hanno gli aerei, mettendo in relazione luoghi geografici molto distanti in un tempo ben minore rispetto al trasporto aereo. Si tratta di andare oltre l’idea dei treni a levitazione magnetica come gli Shinkansen giapponesi, e il progetto – benché i risultati al momento siano scarsi – continua a macinare investimenti.
Nel Gennaio 2022 la californiana Hyperloop Transportation Technologies (HyperloopTT) ha stretto una partnership con EGA Group, un operatore cargo nella logistica portuale brasiliana, per sviluppare “HyperPort”, che si presenta come la soluzione ideale per modificare il trasporto intermodale del colosso sudamericano. Il progetto brasiliano prevedeva di integrare le necessità di trasporto container con la velocità e la sostenibilità di un progetto tecnologico senza impatto ambientale, e con rapidità senza eguali. Le capsule di HyperPort, stando al disegno dei due operatori, sarebbero in grado di muovere circa 2.800 container ogni giorno. Tenendo anche conto della scarsa capacità della rete ferroviaria brasiliana – Brasilia ha la stessa lunghezza di linee ferroviarie totali dell’Italia, che però ha un territorio 28 volte più piccolo – è possibile che il progetto sia in grado davvero di sviluppare una rete complessa di trasporto alternativo. Ma non è certamente la prima volta che gli hyperloop si affacciano al trasporto cargo. HTT e Hamburg Hafen und Logistik AG (HHLA) avevano siglato un accordo di collaborazione alla fine del 2018 per uno sviluppo analogo nel porto di Amburgo. Idea che è stata poi fortemente rallentata dalla pandemia, ma che ad oggi non ha ancora portato i risultati sperati.
Il sistema di tubi a bassa pressione, all’interno dei quali verrebbero utilizzati i “pod”, possono essere anche coperti da pannelli fotovoltaici, rendendo il sistema altamente competitivo sia per la velocità del trasporto sia per i costi. Una capsula supersonica “in grado di raggiungere una velocità di oltre 1223 km all’ora”, affermano da Hyperloop Italia, costola operativa locale di HTT. “La pandemia ha sconvolto i piani di azione di tutte le società di Hyperloop nel mondo”, racconta Bibop Gresta, visionario CEO di Hyperloop Italia. “Ciononostante, il nostro lavoro di ricerca e sviluppo non si è fermato. E in queste settimane potremmo avere notizie molto importanti per il nostro sviluppo industriale in Italia”, chiosa Gresta, oggi in Italia dopo diversi anni passati in California con il ruolo di Presidente di HTT. “Sul lato esecutivo siamo avanzati molto, e circa 100 nuovi ingegneri sono stati integrati nel Gruppo. Siamo davvero molto vicini a rendere reale il progetto, anche perché i piani prevedono la costruzione di sistemi negli Stati Uniti e in Medio Oriente”. Qui in Italia sembrava impossibile costituire qualcosa di funzionale su questi temi, tanto più data la geografia complessa del Paese. Eppure abbiamo partecipato a un bando nazionale in consorzio con HTT, Leonardo e WeBuild, imprese di primo piano. Stiamo dialogando da tempo con diverse regioni italiane (Puglia e Veneto su tutte, ndr), anche su piani ben diversi dal classico immaginario”.
Un Hyperloop viene spesso definito come un treno ad altissima velocità, prevalentemente diretto al traffico passeggeri. Ma le carte sul tavolo di Gresta suggeriscono altro. “Primo, i rifiuti. Il principale scenario su cui stiamo lavorando è proprio questo, ovvero l’utilizzo dei corridoi-relitto a fianco delle dorsali autostradali per costruire la rete di pipeline all’interno della quale possono viaggiare i pod. Letteralmente rivoluzionario, perché permetterebbe di sfruttare a pieno un pezzo di territorio comunque inutilizzabile, che potrebbe lavorare a pieno regime lato merci senza il minimo impatto sul paesaggio o sulle proprietà. E in più, l’energia sprigionata dai freni viene recuperata per aumentarne l’efficienza energetica, il che significa che anziché essere un sistema energivoro diventa una fonte di elettricità”. Troppo bello per essere vero? “Tra il 2027 e il 2028 avremo finalmente una rete di Hyperloop funzionante, basandoci prima sul trasporto rifiuti e sulle merci, e poi sul lato passeggeri.
L’Italia ha in mano questa carta vincente per un leap-frog che ci porti da ultimi della classe a pionieri del sistema”. Da circa quattro anni l’Unione Europea studia il funzionamento tecnico della struttura, e così si è iniziato a lavorare anche sulla parte di cornice normativa, visto che non esisteva nulla di simile. E le aziende in ballo sono diverse, anche se a livello globale se ne contano giusto sette. Una visione all’avanguardia dei trasporti, che potrebbe portare le “sette sorelle” (oggi unite in un’associazione di categoria a livello mondiale) a dominare presto la scena dei trasporti.
Leonardo Parigi