di TEODORO CHIARELLI
La Transizione energetica nei trasporti, l’elettrificazione dei porti, i contributi del Pnrr, le tante opere pronte a partire bloccate dalle burocrazie, lo stop della soprintendenza alle pale eoliche a Genova, i rigassificatori e l’indipendenza dal gas russo. Di questo e altro parla Roberto Cingolani in questa intervista a Shipmag. Scienziato, manager e ora ministro della Transizione ecologica, ma soprattutto un grande organizzatore, Cingolani, 60 anni, sposato con una ricercatrice greca dell’Iit di Genova, un figlio, ama definirsi un civil servant: la politica lo chiama per affidargli un progetto, lui lo porta a termine e poi torna a fare lo scienziato.
Ministro Cingolani, come vede la transizione energetica nel settore dei trasporti e in generale dell’economia del mare?
“Il settore dei trasporti, insieme alla manifattura “pesante”, è il primo per rilevanza dell’impatto sull’ambiente. Il 30% dei gas serra è prodotto dal mondo dei trasporti. E’ lì, quindi, che bisogna incidere di più per rispettare gli impegni sul riequilibrio ecologico. In questo ambito, il settore navale è il più complesso, perché soluzioni tecnologiche nel breve-medio periodo non si vedono. Non è possibile pensare, per ora, alle grandi portacontainer o alle navi da crociera full electric. Si sta studiando l’utilizzo dell’idrogeno, ma non siamo ancora pronti. Si possono però mitigare gli effetti dell’attuale situazione ricorrendo a carburanti meno impattanti e a soluzioni ibride. E poi lavorare sui porti e sulla logistica”.
A che cosa pensa?
“Qui si può fare molto. Le navi in banchina sono prima di tutto un serio problema ecologico per le città portuali. Pensi alle navi da crociera: sono città galleggianti. Consumano un’enorme quantità di energia e la producono con i motori diesel sempre accesi, anche quando sono ferme”.
Molti scali si stanno attrezzando per l’elettrificazione delle banchine, in maniera tale che le navi in porto possano connettersi alla rete e spegnere i motori.
“Certo, l’elettrificazione dei porti è importante, ma a monte servono soluzioni produttive. Bisogna incrementare l’energia disponibile. Occorrono soluzioni per rendere gli scali più autonomi. Il solare galleggiante dietro le dighe è, ad esempio, una buona soluzione. Così come le pale eoliche, sulle dighe oppure off shore. Tutte cose fattibili”.
Sì, però poi bisogna fare i conti con le burocrazie. A Genova la soprintendenza paesaggistica ha messo il veto alle pale eoliche disegnate da Renzo Piano sulla nuova diga perché altera la visione di non si sa bene cosa.
“Guardi, sono proprio io che ho insistito per portare le questioni autoritative in consiglio dei ministri che esercita i poteri sostitutivi dello Stato. Ci sono decine di impianti che hanno avuto tutti gli ok richiesti e poi sono stati bloccati dalle soprintendenze. E’ un problema, inutile negarlo. Un elemento limitante, anche perché non ci sono criteri univoci, ma decisioni demandate ai singoli soprintendenti. Ma ci stiamo lavorando. E’ a buon punto un provvedimento che fisserà criteri chiari, uguali per tutti, oggettivi e non soggettivi”.
Per Genova si potrà portare la questione delle pale eoliche in consiglio dei ministri ricorrendo ai poteri sostitutivi dello Stato?
“È possibile. Ma capisce che se per ogni opera si deve andare in Cdm diventa uno stillicidio. Ripeto: servono criteri stringenti e univoci, pur nel rispetto della reale tutela dell’ambiente e del paesaggio. Penso che su Genova sia stato commesso un grave errore. Il più grade porto italiano meriterebbe più considerazione e l’apertura a soluzioni innovative che possano migliorarlo e renderlo più competitivo”.
Sarà possibile utilizzare il Pnrr per l’elettrificazione dei porti?
“Il Pnrr prevede importanti risorse per i porti “verdi”. Ci sono bandi per renderli sempre più autonomi dal punto di vista energetico. Risorse che possono essere utilizzate, faccio un esempio, per il solare galleggiante”.
In generale come sta procedendo l’entrata in esercizio degli impianti di rinnovabili?
“Rispetto a due anni fa l’Italia sta correndo. Vuol dire che le semplificazioni stanno funzionando. Al 31 maggio risultano già autorizzati, con preventivi di connessione già accettati e pagati dai produttori ai gestori di rete, e perciò pronti per essere realizzati ed entrare in esercizio, impianti per 8,3 Gigawatt. Di questi, 5,1 GW sono previsti in esercizio già entro il 31 dicembre dell’anno. Nel 2022, perciò, ci aspettiamo un’entrata in esercizio di rinnovabili, con nuovi impianti, per una potenza più che doppia rispetto alla somma dei due anni precedenti. Per la precisione, 2,5 volte. Sono numeri forniti da Terna e fanno giustizia di tante chiacchiere”.
E a che punto siamo con il piano di potenziamento dei rigassificatori? Ce la faremo a renderci indipendenti dalla Russia entro il 2023?
“Il piano prevede di essere indipendenti dalla Russia nella seconda metà del 2024. Oggi importiamo da Mosca 28 miliardi di metri cubi di gas e per quella data contiamo di arrivare a 25 miliardi con soluzioni alternative, rigassificatori in testa, cui vanno sommate le azioni di risparmio energetico. La tabella di marcia prevede che quest’anno recupereremo 5-6 miliardi di metri cubi e altri 18 dal prossimo anno fino a metà 2024. Sono dati importanti: per questi numeri e con queste strutture è un risultato enorme. Altri Paesi sono all’anno “0” rispetto a noi. Devo dire che sui rigassificatori Snam sta svolgendo un lavoro eccellente e tutto procede secondo i piani. Anche Eni ha fatto un grande lavoro negli anni scorsi sulla diversificazione degli approvvigionamenti e ora se ne vedono i frutti”.
E adesso?
“Nei prossimi mesi si devono completare gli stoccaggi. Dobbiamo tenere sotto controllo le necessità dei consumatori, mentre crescono gli approvvigionamenti alternativi. Con una piccola considerazione: per ora il gas russo c’è”.