Il 2025 si chiude con le borse ai massimi storici, e una pace difficile in Ucraina. Qual è il bilancio di Assarmatori dell’anno in corso, e quali sono le vostre aspettative per il 2026?
“Dal punto di vista della geopolitica si conclude un altro anno estremamente difficile e sfidante. Il trasporto marittimo è probabilmente il segmento industriale che risente di più e per primo del contesto internazionale; tuttavia, ha dimostrato di sapersi adattare con rapidità ai grandi cambiamenti degli ultimi anni, dettati prima dalla pandemia e poi da tensioni che sono sfociate in aperti conflitti. Per noi l’ottimismo è un obbligo, augurandoci che l’Ucraina possa davvero ritrovare una condizione di pace e che la situazione in Medio Oriente si stabilizzi”

Tra le battaglie del momento, il Green Deal viene picconato ogni giorno. Era un eccesso di volontà slegato dall’industria reale o siamo davanti a una revanche che ci allontanerà dagli obiettivi di sostenibilità?
“Il Green Deal era nato con un obbiettivo molto ambizioso, anzi direi troppo ambizioso, ovvero quello di fare dell’Europa la patria dell’Illuminismo ambientalista, convinti che il mondo avrebbe seguito l’esempio. I fatti hanno smentito le previsioni. È insensato, per usare un eufemismo, pensare di applicare regole locali, limitate giocoforza al vecchio continente, a un’industria che è globale per definizione come quella del trasporto marittimo, come sta accadendo con il sistema Ets. L’unica conseguenza, della quale si intravedono le avvisaglie, è quella spostare i traffici appena al di fuori dei confini europei, senza alcun beneficio in termini ambientali, anzi. Abbiamo provato a spiegare questo concetto in ogni sede, con qualche risultato apprezzabile come la deroga per le isole minori, ma nel 2026 sarà fondamentale far sì che venga innestata una definitiva marcia indietro, anche alla luce del fallimento in sede IMO delle trattative per il Net Zero Framework”.
Lo short-sea shipping è uno dei pilastri dell’economia nazionale. Eppure un Mediterraneo sempre meno tranquillo, la tassazione da Ets e l’incognita del Nord Africa potrebbero tagliare una fonte importante. Quali sono le richieste di Assarmatori al governo e all’Europa per migliorare?
“Un primo obiettivo sarà appunto quello di rivedere integralmente il sistema Ets e più in generale la normativa europea sul clima. In Italia non sono consentiti sogni: la situazione nel Mediterraneo è certamente tesa e vieppiù difficile dal 2022 a oggi. Arduo ipotizzare una soluzione italiana a tutti i problemi, ma indubbiamente è possibile concentrarsi su alcuni fattori che minano la competitività delle nostre imprese, a partire da una burocrazia asfissiante. La bandiera italiana è in crisi da diversi anni, ma non perché gli armatori siano alla ricerca di paradisi fiscali. Le alternative si concentrano su registri, anche europei, caratterizzati da una burocrazia snella e da una digitalizzazione avanzata”.
Quali sono i paesi continentali ed extra-Ue su cui le Autostrade del Mare e il mondo ro-ro dovrebbero puntare di più nel prossimo futuro?
“Può sembrare una generalizzazione, ma non la è: dobbiamo guardare con interesse a tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, nessuno escluso. In questo mare gli armatori italiani detengono, a livello di ro-ro e ro-pax, la maggiore quota di mercato, pari a oltre il 40%. E vantano una flotta fra le maggiori al mondo in termini di tonnellaggio, disponibilità di metri lineari per i rotabili e capacità di trasporto passeggeri. Un asset flessibile, al servizio del paese e della sua industria: e in quanto tale da tutelare e difendere, favorendone lo sviluppo”.
Leonardo Parigi