Il mercato delle navi autonome è oggi al centro di un’intensa attività di ricerca. Le stime sul valore del comparto variano, ma fotografano una realtà in rapida crescita. Nel 2024 il mercato globale delle tecnologie per navi autonome è valutato nell’ordine di alcuni miliardi di dollari, con previsioni di crescita annuale tra il 7 e il 13% nel prossimo decennio. Dietro queste cifre ci sono tecnologie precise. Sensori LiDAR e radar, camere termiche, sistemi di controllo basati su intelligenza artificiale e machine learning, connettività satellitare a bassa latenza, piattaforme software per la gestione remota e soluzioni avanzate di cybersecurity. Un mare magnum di tecnologie d’avanguardia che portano a un livello completamente diverso il trasporto, e di conseguenza anche determinate aree logistiche e portuali. Migliaia di brevetti legati all’autonomia marittima sono stati depositati tra il 2010 e il 2024, a testimonianza di un’accelerazione tecnologica ben avviata e globale.
Sul fronte economico, le ragioni che attraggono gli investimenti sono chiare. Studi di settore stimano risparmi operativi significativi grazie alla riduzione del personale a bordo, all’ottimizzazione delle rotte e alla migliore gestione dei consumi. Alcune analisi suggeriscono che il costo di gestione di un cargo autonomo su 25 anni potrebbe risultare inferiore di diversi milioni di dollari rispetto a una nave tradizionale. Nei trasporti a corto raggio, le riduzioni dei costi operativi medie si attestano intorno al 10-11%, a fronte di maggiori spese iniziali per la tecnologia di bordo e i sistemi di controllo remoto. Uno dei principali argomenti a favore dell’autonomia è la possibile riduzione degli incidenti dovuti all’errore umano, che oggi rappresentano circa il 75% degli eventi marittimi. Sensori ridondanti e sistemi decisionali automatici potrebbero ridurre queste percentuali, con effetti diretti anche sui premi assicurativi e sulla reputazione delle compagnie. Tuttavia, gli assicuratori chiedono dati operativi di lungo periodo prima di adeguare realmente i modelli di rischio.

La diffusione commerciale su scala globale è fortemente condizionata dal quadro regolatorio. L’Imo sta lavorando a un aggiornamento delle convenzioni per includere le cosiddette “MASS” (Maritime Autonomous Surface Ships), ma la strada è ancora lunga. Nel frattempo, le società di classificazione e i registri nazionali stanno sviluppando linee guida e protocolli operativi, senza una piena armonizzazione. La velocità di adozione dipenderà quindi anche dalla capacità dei governi di creare un sistema normativo comune e stabile. L’introduzione di navi autonome implica trasformazioni profonde per la catena logistica. I porti dovranno dotarsi di infrastrutture “smart”, secondo le principali società di business intelligence. Piattaforme digitali per lo scambio dati in tempo reale, sistemi di ormeggio automatizzato e reti di controllo integrate. Questo comporta investimenti pubblici e privati rilevanti, ma anche nuove opportunità di business. I servizi di gestione remota, la manutenzione predittiva e l’analisi dei dati di viaggio potrebbero diventare nuove fonti di reddito per operatori portuali e aziende tecnologiche.
Accanto ai vantaggi, non mancano le criticità. I costi di progettazione e conversione delle unità autonome restano elevati, la manutenzione dei sistemi digitali è onerosa e la sicurezza informatica rappresenta un punto delicato. Ogni nave connessa a sistemi satellitari e reti terrestri è potenzialmente vulnerabile a cyberattacchi, e ciò richiede aggiornamenti costanti e competenze specialistiche. A questo si aggiunge l’incertezza sui ritorni economici nel medio periodo, che frena gli armatori più prudenti. Le proiezioni più diffuse stimano che l’economia legata alle navi autonome possa valere circa 17 miliardi di dollari entro la fine del decennio. La diffusione effettiva dipenderà dalla maturità normativa, dalla capacità delle infrastrutture portuali di adattarsi e dal livello di accettazione da parte degli operatori. I Paesi che stanno investendo di più, come Norvegia, Giappone, Corea del Sud e Cina, puntano su un vantaggio competitivo tecnologico e industriale, mentre l’Europa cerca di coordinare le proprie strategie di innovazione marittima sotto l’egida della transizione verde e digitale. Chi saprà governare l’innovazione con regole chiare, investimenti mirati e modelli economici sostenibili potrà posizionarsi in testa a una rivoluzione destinata a cambiare per sempre il trasporto marittimo del XXI secolo.
Leonardo Parigi