L’idea dell’hyperloop, cioè di capsule che viaggiano in tubi a bassa pressione a velocità comparabili a quelle degli aerei, è passata dall’entusiasmo dei white paper alla fase di sperimentazione concreta. Negli ultimi anni l’Europa ha moltiplicato le iniziative. Centri di test, fondi pubblici e privati, accordi tra governi e startup tecnologiche. Ma è lecito chiedersi quanto costerà davvero portare questa tecnologia su scala industriale e logistica. La olandese Hardt Hyperloop è oggi la realtà europea più visibile nel settore. Nel 2024 ha ottenuto un finanziamento da 15 milioni di euro dall’European Innovation Council, destinato a potenziare ricerca, sviluppo e test. È partner del European Hyperloop Center di Veendam, nei Paesi Bassi, una struttura di prova lunga 420 metri dove è stato completato con successo il primo test di “lane switch”, ovvero un cambio di corsia interno al tubo, considerato fondamentale per la scalabilità delle reti future. Ad oggi, le capsule di prova hanno raggiunto velocità inferiori a quelle teoriche (oltre 700 km/h) ma hanno confermato la stabilità del sistema.
Il valore complessivo dei progetti Hardt ed Ehc supera i 30 milioni di euro, tra fondi pubblici e privati, ma si tratta ancora di investimenti di sviluppo e non di cantierizzazione commerciale. Hardt collabora anche con grandi operatori europei, tra cui Rete Ferroviaria Italiana, per studiare scenari di integrazione tra infrastrutture ferroviarie e hyperloop nel lungo periodo. Ma la start-up olandese non è l’unica realtà europea del settore. La spagnola Zeleros propone un approccio “vehicle-centric”, cioè un sistema in cui la maggior parte della tecnologia di propulsione e levitazione è integrata nel veicolo, riducendo i costi dell’infrastruttura. La società ha raccolto circa 7 milioni di euro in round di investimento tra il 2024 e il 2025 e collabora con università e centri di ricerca per costruire un prototipo in scala reale. Il modello punta a rendere l’hyperloop competitivo dal punto di vista del Capex per chilometro, con un’infrastruttura più semplice da costruire e mantenere. Anche in questo caso, però, non esistono ancora tratti sperimentali di lunghezza superiore a un chilometro.

Anche la Francia è attiva, tramite la canadese TransPod, che ha sviluppato un dimostratore di veicolo e presentato diversi studi di fattibilità per corridoi in Europa e Nord America. Le stime iniziali per i progetti-pilota europei indicano un fabbisogno di capitale superiore a 500 milioni di euro per realizzare un tracciato dimostrativo di poche decine di chilometri. Dal punto di vista economico, le stime di costo per chilometro restano molto variabili. Gli studi indipendenti oscillano tra 25 e 60 milioni di euro al chilometro, a seconda della conformazione del terreno, del grado di interramento dei tubi e della complessità dei sistemi di propulsione e sicurezza. Per confronto, una linea ferroviaria ad alta velocità europea costa in media 20–35 milioni di euro al chilometro, mentre un’autostrada a doppia carreggiata si attesta tra i 6 e i 12 milioni. La costruzione di una linea commerciale di 100 km potrebbe richiedere oltre 3 miliardi di euro di investimento iniziale, senza contare i costi di manutenzione e quelli energetici legati al mantenimento del vuoto nel tubo.
A livello politico, l’UE sostiene il settore con strumenti di innovazione e ricerca. Il programma Hyper4Rail, avviato a fine 2024 e con durata di due anni, mira a definire gli standard tecnici e di interoperabilità, nonché a integrare l’hyperloop nella rete dei trasporti transeuropea. Lo scopo non è ancora la costruzione di linee commerciali, ma la creazione di un quadro normativo e tecnico per consentire ai singoli Stati e ai partner industriali di sperimentare corridoi pilota a partire dal 2030. Il fallimento di Virgin Hyperloop One, che ha cessato le attività nel 2023 dopo aver raccolto oltre 400 milioni di dollari di investimenti privati, ha raffreddato le aspettative. L’esperienza americana ha dimostrato che la promessa tecnologica non basta a garantire sostenibilità economica. In Europa si preferisce ora un approccio graduale: centri di test, cooperazione pubblico-privata e standard comuni. La strategia è più lenta, ma mira a ridurre i rischi finanziari e a evitare che l’hyperloop diventi l’ennesimo “sogno costoso” della mobilità del futuro.

Dal punto di vista logistico, l’hyperloop potrebbe offrire benefici concreti per il trasporto di merci ad alto valore o deperibili. Le simulazioni mostrano che su tratte di 500–800 km i tempi di consegna potrebbero ridursi del 70% rispetto al trasporto su gomma, con consumi energetici inferiori del 30–40% rispetto all’aereo cargo. Tuttavia, la capacità di carico per capsula resta limitata (tra 2 e 5 tonnellate) e l’infrastruttura richiederebbe terminal dedicati e costosi sistemi automatizzati di carico/scarico. Senza volumi elevati, il ritorno dell’investimento resterebbe debole. Le prime applicazioni plausibili potrebbero riguardare corridoi di merci leggere o time-critical, integrati con i grandi hub ferroviari e aeroportuali europei. Con le tecnologie attuali, l’hyperloop europeo rimane un progetto a medio-lungo termine. I prossimi 5–10 anni serviranno per ampliare le infrastrutture di test e validare i sistemi di sicurezza; solo dopo il 2035 si potrà parlare di linee pilota operative. Il potenziale per la logistica esiste, ma il percorso verso la sostenibilità economica è ancora lungo: i costi restano elevati, la redditività non è dimostrata e l’interoperabilità con la rete ferroviaria e stradale tradizionale è ancora da costruire.
Leonardo Parigi