Guerre, dazi e sanzioni. Un mare in tempesta per la logistica

L’ultimo test, solo in ordine di tempo, è del nuovo missile balistico intercontinentale a propulsione nucleare, il Burevestnik. Una nuova arma apocalittica, quella testata dal Cremlino lo scorso 21 ottobre, che “ha coperto la distanza di 14mila chilometri in 15 ore, e non ha eguali al mondo”, secondo la dichiarazione del presidente Putin. Dalle prime avvisaglie della pandemia del 2020, il mondo non ha certamente conosciuto un periodo di stabilità e di calma. Dalla tenue ripresa del 2021 allo scoppio della guerra in Ucraina, è stato un attimo. E da lì alla guerra di Gaza, un colpo ancora più letale alla diplomazia, con una guerra israeliana impegnata su quasi sette fronti contemporanei. Se l’attualità la conosciamo, è opportuno allora guardare al movimento della logistica e dello shipping dell’ultimo lustro, per avere un quadro chiaro dell’evoluzione, anche sommaria, del settore.

Fonte: ING, IMF, CPB, ING research

L’economia mondiale dell’ultimo biennio ha mostrato segnali di moderata crescita, con un incremento del Pil globale stimato intorno al 3%. Parallelamente, il commercio internazionale registra un ritmo più debole, soggetto a continue revisioni al ribasso, segno di una globalizzazione che si fa più prudente e selettiva. Al centro di questa fase di instabilità si trova uno dei corridoi marittimi più strategici del pianeta, lo Stretto di Hormuz. Circa il 20% del petrolio scambiato a livello mondiale transita attraverso questo passaggio, che rappresenta una vera e propria arteria energetica globale. L’aumento delle tensioni geopolitiche nella regione ha spinto gli operatori marittimi a modificare le proprie strategie operative. Pur non essendoci state chiusure totali, l’innalzamento del rischio è sufficiente a creare forti tensioni sulle operazioni globali, soprattutto nei settori legati al trasporto di carichi liquidi sensibili ai tempi di consegna.

Il 2025 si conferma un anno di sfide per l’intera industria dello shipping, che deve fronteggiare nuove forme di incertezza e interruzioni del commercio. Il trasporto di greggio e prodotti energetici è il più esposto alle conseguenze dei conflitti, ma anche il comparto dei container e quello del bulk shipping risentono degli effetti della volatilità globale. Tuttavia, queste turbolenze non rappresentano necessariamente una condanna economica per il settore. Sul piano macroeconomico, la pressione sul commercio mondiale deriva anche dal rinnovato protezionismo statunitense. I nuovi dazi sulle importazioni dalla Cina, le tariffe aggiuntive su acciaio e alluminio e le indagini su operatori cinesi, come le grandi compagnie di navigazione, stanno aumentando i costi e complicando la gestione delle catene del valore. Si osservano già adattamenti nelle rotte e nei flussi commerciali, con un progressivo spostamento delle rotte verso paesi terzi e nuove aree di transito. Nonostante l’incertezza, la crescita complessiva del commercio mondiale nel 2025 dovrebbe mantenersi positiva, intorno al 2,5%, anche se nettamente inferiore ai ritmi pre-pandemia.

Le tensioni sui dazi e le politiche di “frontloading”, ovvero l’anticipo delle spedizioni per evitare aumenti tariffari, hanno gonfiato artificialmente i volumi commerciali, ma nel medio periodo potrebbero frenare la crescita. Se le politiche protezionistiche dovessero irrigidirsi ulteriormente, si stima che nel 2026 il commercio mondiale potrebbe subire un calo fino al 3% in uno scenario pessimistico. In questo quadro complesso, l’Asia resta il motore principale del commercio e del trasporto marittimo, sostenuta da una domanda interna robusta e da una crescita strutturale costante. Gli Stati Uniti mantengono una dinamica positiva ma più cauta, mentre l’Europa continua a soffrire la debolezza della produzione industriale e l’elevato costo dell’energia, fattori che ne rallentano la competitività. L’attuale scenario internazionale del trasporto marittimo evidenzia un sistema globale più frammentato ma anche più adattivo, in cui le tensioni geopolitiche e le politiche economiche restrittive stanno ridisegnando la geografia dei commerci.

Leonardo Parigi