Cambiaso Risso, con la sua divisione assicurativa (CR Marine, CR International, CR Cargo), opera come osservatorio privilegiato sull’economia dello shipping globale. Partiamo dai numeri più attuali: come si è tradotta in termini di costi assicurativi e transit time l’instabilità geopolitica degli ultimi anni, in particolare la crisi nel Mar Rosso? “L’impatto è stato massivo e immediato, toccando direttamente i cost-driver della catena logistica”, risponde Manuel Cabella, responsabile CR Cargo. “La situazione geopolitica, in particolare a Suez, ha generato in tre anni un aumento significativo delle richieste di copertura e, di conseguenza, dei costi. Quando il rischio aumenta su una rotta chiave, scatta un sovra-premio che non riguarda solo il carico, ma anche la nave stessa. Questo costo aggiuntivo, negoziato dall’armatore con il proprio assicuratore rischi guerra, viene inevitabilmente riversato sul nolo. L’aumento del costo del nolo si traduce direttamente in un rincaro del prezzo della merce. Questo meccanismo alimenta una spirale inflattiva globale. Sebbene alcune grandi linee, come Hapag-Lloyd, Msc o Cma-Cgm, abbiano smesso di transitare per Suez scegliendo Capo di Buona Speranza, altre flotte hanno continuato, accettando premi assicurativi aumentati a favore di una rotta più breve. L’assicuratore, di fronte al rischio di gravi riflessi e attacchi, deve attivare dei correttivi di mercato in termini di tariffa che possono variare rapidamente, anche nel giro di 24/48 ore”.

Il raddoppio delle opzioni di rotta ha creato un nuovo paradigma di gestione del rischio per il cargo. Quali dati e criteri usa oggi l’assicuratore per prezzare la polizza? “Se parliamo di costi assicurativi, fino a pochi anni fa la rotta non era un elemento critico per la tariffazione. Oggi, invece, la rotta ha un impatto diretto sul tasso e sul premio. Se un tempo un trasporto dall’Asia a Genova aveva una rotta implicita, ora ne abbiamo due. Questo obbliga a un’analisi del rischio basata sulla specificità del viaggio: la nave, la bandiera, i legami nazionali e, ovviamente, la rotta scelta. Il fattore tempo è diventato un rischio economico tangibile. Per merce come alimentare o farmaceutico, allungare la supply chain di una o due settimane è un problema enorme. Se la merce non arriva in tempo, si incorre in temi di contratti e ritardo che hanno un impatto diretto sul business. Il mercato, precedentemente più stabile, oggi è una commistione di problemi: dalla congestione e dalle tematiche pandemiche post-Covid, all’instabilità geopolitica e alle sanzioni”.
Concentrandoci sull’infrastruttura italiana, le problematiche legate alle aree portuali e retroportuali, come i ritardi sul Terzo Valico dei Giovi, e l’adeguamento della diga di Genova, sono al centro del dibattito. Come si riflettono questi deficit sulla competitività rispetto agli altri porti europei? “L’efficienza della logistica terrestre è cruciale quanto quella marittima. Se il Northern Range può garantire un vantaggio competitivo di 7-10 giorni in termini di transit time, le carenze infrastrutturali italiane amplificano questo divario. Il nodo critico non è solo la tempistica di realizzazione delle infrastrutture, ma l’implementazione delle aree retroportuali e lo sviluppo del trasporto via treno, non solo via gomma. La capacità di un’infrastruttura come il Terzo Valico di far uscire i container direttamente dal terminal verso l’alessandrino e il pavese è fondamentale per dare un impulso e un’accelerazione al sistema. Le lamentele e i progetti di sviluppo delle aziende che assistiamo si concentrano su questi temi. La soluzione non può che passare per la qualità e la velocità di implementazione di queste opere”.
Guardando al futuro della flotta, ci sono due dinamiche contrapposte: la massiccia ondata di nuovi ordini di navi post-Covid e le nuove normative ambientali. Come influenzeranno la capacità di stiva e il mercato dello scrap? “La crescita degli spazi in stiva, sia in termini di container sia in tonnellaggio per rinfuse, è un dato di fatto, con una crescita importante prevista nel prossimo quinquennio o decennio. Tuttavia, le nuove normative ambientali innalzeranno sempre di più i requisiti per l’accesso nei porti ed alcune navi verranno ricollocate oppure vendute per scrap. Questo paradosso si spiega con l’invecchiamento della flotta: ci sono ancora navi di oltre 40 anni in circolazione. Ci sono navi che per caratteristiche non possono più accedere in certi porti. Assistiamo ad una sempre maggiore selezione da parte dei caricatori su quali navi accettare. Il ciclo di vita di un certo tipo di navi non è infinito, se i noli sono alti gli Armatori tendono ad allungare il ciclo di vita della nave sempre attenzionando il mercato dello scrap e del second hand”.

Oltre ai dazi americani, il tema delle sanzioni internazionali rischia di essere un ulteriore fattore di incertezza. Qual è il costo-opportunità che l’Europa sta affrontando, in particolare sul fronte energetico, e come si gestisce questo rischio complesso? “Il tema delle sanzioni è amplissimo e il trade-off per l’Europa è notevole. Noi ci troviamo in un mercato mondiale dove ogni paese compete sul prezzo. Prendiamo l’esempio del carburante: se l’Europa sanziona il prodotto russo, ma lo acquista, magari inconsapevolmente (lo stesso prodotto o sotto forma di prodotto finito), da paesi come la Cina, che a loro volta comprano il prodotto russo, stiamo in un qualche modo alimentando l’economia che vogliamo sanzionare. Come broker, abbiamo assistito alla perdita dei clienti – e di conseguenza nostra – di opportunità di business. La domanda cruciale per le nostre aziende è se sia corretto che l’Europa perda queste occasioni, lasciando che vengano cavalcate da altre economie. Ma attenzione, anche perché il mercato delle “flotte ombra” (shadow fleet, ndr.) è ben più ampio della Russia. Pensiamo alla Siria, al Venezuela o all’Iran. In questo scenario, dove il prezzo di mercato dipende dalla disponibilità e la complessità è altissima, il margine di rischio è molto elevato, rendendo l’attività di consulenza assicurativa più sfidante che mai”.
Leonardo Parigi