Fedespedi, Pitto: “La priorità è lavorare sulla capacità di attrarre traffico”

Con una Germania all’inizio di una potenziale recessione economica, e un Mediterraneo in agitazione, il settore dello shipping guarda intorno a sé per capire le dinamiche e le tendenze del prossimo futuro. “Il 2023 è stato un anno caratterizzato dalla debolezza delle attività industriali, scese del 2% rispetto al 2022, un trend negativo confermato anche nei primi sei mesi del 2024. Il primo semestre del 2024 ha evidenziato, inoltre, un rallentamento degli scambi con l’estero: nel primo semestre del 2024 le esportazioni sono calate, rispetto allo stesso periodo del 2023, dell’1,8%, mentre le importazioni sono diminuite dell’8,2%”. Questa la fotografia delineata dal recente outlook economico di Fedespedi, la federazione nazionale delle imprese di spedizioni. Si tratta di un quadro che il presidente, Alessandro Pitto, ha letto con un’analisi più approfondita: “Le esportazioni verso alcuni dei mercati strategici per il nostro Paese sono in difficoltà a causa della contrazione della domanda interna: nel primo semestre 2024 l’export italiano è sceso del 12,2% verso l’Austria, del 18,6% verso la Svizzera e del 26,5% verso la Cina. Questa tendenza incide anche sulla performance dei porti italiani (-0,6% di traffico container nel primo semestre del 2024). La priorità di Fedespedi è lavorare sulla capacità di attrarre traffico”.

Ma la debolezza europea, stando al rapporto di Fedespedi, rischia di strutturarsi, vista la produzione industriale degli ultimi 12 mesi. “Ciò vale in particolare per la Germania, che su questo fronte mostra un andamento fortemente negativo a partire dai primi mesi del 2023, con conseguenze negative anche sugli altri paesi, come l’Italia, strettamente connessi alle filiere produttive tedesche” . Lecito allora chiedersi quale possa essere la tendenza che ci porterà nel nuovo anno, vista anche la contrazione complessiva del traffico sulle banchine italiane. 

I rischi per l’Italia

Diversamente dal quadro delineato sopra, il trend del traffico container globale del 2024 ha registrato una crescita del +5% rispetto al 2023, con una quota di circa 180milioni di teu movimentati. Si tratta di una crescita che però dipende molto dalle aree geografiche. Il Nord America risulta molto dinamico, con un aumento del +11,2%, mentre l’Europa cresce di un più modesto +3,5%. E guardando all’Italia, i numeri cambiano. Nella sua più recente economico-finanziaria sui terminal container nostrani, Fedespedi considera che i 19 terminal principali d’Italia abbiano movimentato, nel 2023, circa 9,8 milioni di Teu, con una contrazione del 2,8% rispetto al 2022. “Tale andamento si è riflesso, inevitabilmente, sui risultati delle società terminaliste che nel complesso hanno realizzato un fatturato di 820,8 milioni di euro rispetto ai 1.034 milioni del 2022 con un calo del -20,6% e con un risultato finale di 71 milioni al -44,5%”. Le migliori performance, in termini percentuali, sono state realizzate dai terminal di Savona Vado Gateway (+40,3%), La Spezia Terminal del Golfo (+13,9%), Venezia Terminal Container (+10,6%), Genova Sech (+10,3%) e Salerno Container Terminal (+10,1%). In flessione Genova Bettolo (-30,5%), Terminal Intermodale Venezia (-32,7%) e Adriatic Container Terminal (- 23,4%)”. 

Il settore è ancora in attesa della riforma dei porti, e già un anno fa Fedespedi chiedeva che l’eventuale nuovo impianto normativo fosse basato anche su fattori di produttività, in grado di far crescere sistematicamente l’economia nazionale. Per quanto riguarda invece la recente riforma doganale pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 4 ottobre, la Federazione ha sollevato alcune criticità, per Fedespedi infatti “la riforma doganale presenta elementi che implicano un forte impatto negativo sulle attività di import e export nazionale, e sull’efficienza e la competitività del sistema logistico del paese”. In una nota ufficiale sul tema, Fedespedi segnala di aver chiesto alcuni correttivi insieme a Confetra, senza i quali “la riforma rischia di generare una distorsione dei traffici a favore degli altri paesi europei con conseguenze anche sulla fiscalità dell’Agenzia delle Dogane di cui un terzo è sostenuta dagli incassi di dazio e Iva. Dalle nostre stime, se l’Italia perdesse anche solo il 10% dei traffici, lAgenzia delle Dogane incasserebbe circa 2,7 miliardi di euro in meno allanno”.

Leonardo Parigi