di Teodoro Chiarelli
La nautica italiana vive un momento di grande spolvero che conferma il trend di crescita degli ultimi anni. La produzione made in Italy destinata all’esportazione vale qualcosa come 10 miliardi di pil. Il portafoglio ordini mondiale ci dice che il 51% delle imbarcazioni è costruito in Italia, una su due. Secondo i dati dell’Ice – l’agenzia per la promozione internazionale delle imprese italiane – nel 2023 il settore della cantieristica ha dato occupazione a oltre 30 mila addetti a livello nazionale, pesando per il 3,23% del pil. Ma guardando più in profondità, i numeri raccontano di una nicchia – quella del diporto e delle barche sportive, che si attesta a una quota di oltre 4 miliardi di euro di valore per l’export (con un significativo +15,9% sul 2022, e addirittura un +74% sul 2019).
L’Italia si presenta quindi alla nuova stagione dei saloni internazionali come primo paese esportatore, con una quota mondiale del 20%, seguito dai Paesi Bassi (19%), Stati Uniti (10%), Francia (7%) e Germania (6%). I tre saloni di fine estate – nell’ordine Cannes, Genova e Monaco – propongono il meglio del vivere sul mare. Cannes, appena concluso, si caratterizza per un target medio-alto e sfrutta il magnifico retroterra fatto di alberghi lussuosi, ristoranti meravigliosi, mondanità, negozi lussuosi. Monaco è la conclamata rassegna dei megayacht, alla quale partecipano tutti i big mondiali. Non punta al grande pubblico, per nulla gradito a sceicchi, ricconi, vip, divi dello spettacolo e campioni sportivi conclamati. Un mondo a parte fatto di mondanità e glamour, riservatezza ed esclusività, fra stuoli di guardie del corpo e security agguerrita.
E Genova? Il Salone Nautico sotto la Lanterna è ancora in cerca di una sua identità definita. È consapevole di non potersi più autodefinire il più bello del mondo e neppure d’Europa. È pop (prima rassegna mondiale per i gommoni, ad esempio), ma non sa se puntare sulla “nautica per tutti” o sui megayacht (in fondo i primi gruppi sono italiani: Azimut, Sanlorenzo, Ferretti, Baglietto, Italian Sea Group), mentre dà grande spazio ai costruttori di fascia media. La verità è che la Superba non ha fatto finora il salto di qualità per un pubblico internazionale, in termini di alberghi, ristoranti, negozi, parcheggi. L’osmosi fra la città e la rassegna nautica è ancora avvenuta. E non basta la contemporaneità dei Rolli a crearla. Pubblici diversi, con interessi diversi.
Come arriva Genova alla kermesse
Come è noto, arrivare a Genova è sempre complicato, fra autostrade intasate e treni che funzionano male. E una volta in città, raggiungere il quartiere espositivo è a dir poco complicato, senza che organizzatori e amministrazione comunale abbiano concepito una qualche soluzione veramente risolutiva.
Anche quest’anno, in attesa di un guizzo di fantasia, il Salone è nel bel mezzo di un cantiere, quello del Waterfront, che dovrebbe far compiere all’ex quartiere fieristico un primo salto di qualità. Ma al di là dei proclami trionfalistici del sindaco Marco Bucci, si dovrà attendere qualche anno per avere un assetto definitivo della zona. Certo, bisogna essere positivi, ma il problema del raccordo con un sistema città degno di questo nome, rimane.
E allora andiamo a vedere i numeri di questo 64° Salone Nautico di Genova che ha superato ormai da tempo il muro dei mille brand esposti – saranno 1.052 – e delle imbarcazioni in mostra – 1.030 – e con un coefficiente di riempimento ancora migliorabile. In totale sono 220mila metri quadrati di esposizione tra terra e acqua, con l’85% di aree all’aperto: 5.000 mq in più del 2023. In crescita anche il numero degli espositori esteri che soltanto nel segmento della produzione è aumentano di 23 unità. Sono annunciate oltre 100 novità, con 30 première.
Un elemento guida del Salone sarà l’innovazione, la grande sfida di materiali e propulsioni in grado di garantire sempre più la salvaguardia dell’ambiente, non solo di quello marino. Dalle imbarcazioni, passando per i motori, fino al corposo ventaglio dell’accessoristica, tutta l’offerta, assicurano gli organizzatori, sarà all’insegna di un grande sforzo da parte dell’intera filiera produttiva.
Nonostante tutto, però, il Nautico è ancora una macchina che produce business fra gli operatori, attira gli appassionati e fa sognare il grande pubblico che mai potrà permettersi un gozzo e neppure un canotto. Non è molto, ma aiuta.