di Teodoro Chiarelli
Blue economy, green ports e green ships: che questa sia la nuova frontiera non ci sono dubbi. L’obiettivo di arrivare a una decarbonizzazione a tappe forzate in vari settori produttivi (dalle auto, ai camion, dalle navi ai porti) viene però imposta solo dall’Unione Europea. I tre colossi Stati Uniti, Russia e Cina affrontano la questione in maniera, a dir poco, assai più blanda. Il risultato è che si sta correndo seriamente il rischio di marginalizzare nella competizione globale intere fette dell’economia del Vecchio Continente. Bruxelles ha imposto scelte e decisioni contraddittorie.
Guardiamo ad esempio al trasporto con navi ro-ro (per il carico di merci rotabili) e ro-pax (rotabili e passeggeri), per altro l’unico settore italiano del trasporto ad avere una posizione di leadership in Europa. Il 70% circa di questo tipo di trasporto è alternativo al trasporto stradale: sono le autostrade del mare, concepite per far salire a bordo Tir e semirimorchi carichi e movimentarli via mare, togliendoli così dalle strade, con evidenti benefici per l’ambiente (si stima, per la sola Co2, una riduzione di 700mila tonnellate l’anno). Bene, l’Ets – creata per costringere chi provoca emissioni inquinanti a versare una compensazione economica – applicata alle navi delle Autostrade del Mare rischia, paradossalmente, di rimettere i camion sulle strade. Uno studio del Centro Green – Università Bocconi spiega che l’Ets può pesare fino a 756 milioni di euro sull’intermodalità marittima. Una somma sei volte più alta del bonus di 125 milioni (denominato Sms: Sea modal shift) previsto, per il periodo 2023-2027, dal governo italiano per incentivare le autostrade del mare (l’intermodalità marittima gode di bonus dal 2008: i due precedenti erano stati l’Ecobonus e il Marebonus). L’Sms, insomma, è in grado di compensare solo il 17% della nuova tassa ambientale.
Come se non bastasse, a peggiorare la situazione ci si mettono anche le inefficienze del sistema italiano. L’Ets sicuramente alza i costi dell’intermodalità marittima. Il problema è che lo Stato italiano non ha ancora identificato chiaramente come utilizzare i fondi che derivano dal meccanismo Ets (che vanno per il 75%-80% al Paese dove le navi sono allocate e per il 20-25% all’Ue). Dovranno essere sicuramente destinati a politiche di sostenibilità ambientale, però il dettaglio – se favorire il cold ironing o l’utilizzo di biocombustibili o finanziare meccanismi incentivanti per il settore in generale – non è stato ancora definito. Le compagnie marittime vorrebbero che fosse utilizzato per rafforzare il bonus Sms. Il che ha una sua logica: evitare che si alzi il costo della modalità marittima e i Tir tornino dalle autostrade del mare a quelle terrestri. Di certo i ministeri delle Finanze e dei Trasporti devono decidere in fretta dove indirizzare questi denari.
Intanto il governo ha annunciato che investirà 3 dei 200 miliardi del fondi Pnrr per il cold ironing (il sistema di alimentazione elettrica delle navi in banchina che permette lo spegnimento dei motori a combustione) e per altre strutture contro l’inquinamento in area portuale. Non è molto, è vero. Però anche quei pochi quattrini rischiamo di rimanere sulla carta, perché molti scali non sono ancora in grado di presentare progetti esecutivi. Eppure si prevede che, entro il 2028, più del 70% della flotta delle navi da crociera delle società aderenti al Clia sarà equipaggiata per ricevere l’energia da terra quando ormeggiate in porto. Semplicemente, però, i porti non sono attrezzati per ricevere le navi di ultima generazione. Così le città galleggianti da 10 mila persone continuano a rimanere con i motori accesi quando sono ormeggiate nei porti.
Come ha detto il presidente di Msc Crociere, Pierfrancesco Vago, nella sostenibilità non esiste la bacchetta magica, cioè una soluzione che cancella l’emissione. Ci sono tante piccole soluzioni – la valvola, la migliore performance, come fare il calcolo elettrico in porto, l’alberghiero – che portano ad avere un 70% di abbassamento delle emissioni. L’ultimo 30%, però, non può che arrivare con il combustibile. La nave green è l’obiettivo, gli armatori stanno facendo la loro parte (nei prossimi cinque anni arriveranno 55 nuove navi da crociera, per un investimento di 37,1 miliardi di dollari. Di queste, 36 saranno alimentate a Gnl e 7 saranno pronte per essere alimentate a metanolo), ma manca la sponda dell’interlocutore europeo per arrivare al risultato. Servono scelte chiare e tempestive. Una nave si ammortizza in trent’anni. Quando viene ordinata, bisogna già prevedere come sarà il mercato al momento del varo, quali soluzioni avrà individuato. Ecco, a Bruxelles si chiedono indicazioni realistiche, realizzabili e, soprattutto, chiare e univoche. Per il bene dell’economia, certo, ma anche dell’ambiente.