Teodoro Chiarelli
Shipmag torna a occuparsi, con un Focus dedicato, al mondo delle crociere e dei traghetti. Un appuntamento ormai tradizionale e imprescindibile per il ruolo che questi comparti giocano all’interno della blue economy e, più in generale, nella determinazione del prodotto interno lordo italiano.
Bastano pochi appunti sparsi e qualche cifra per comprenderlo. Come ha detto non molto tempo fa Marie-Caroline Laurent, direttore generale di Clia Europa, l’associazione delle compagnie crocieristiche, “l’industria crocieristica è all’avanguardia nel processo di transizione ecologica: il settore ha anticipato da tempo le stringenti norme europee in materia ambientale e in questo ambito l’Italia si distingue per la sua leadership, considerato che nei prossimi 5 anni nel Paese verrà costruito circa il 45% delle nuove navi da crociera, per un totale di 18,7 miliardi di investimenti“.
Questo 2023, dicono tutte le previsioni, per le crociere sarà l’anno del sorpasso sul pre-pandemia. Dopo lo stop di marzo 2020, negli ultimi due anni le attività sono progressivamente tornate a pieno regime e già alla fine dello scorso anno il 100% delle navi aveva ripreso le operazioni e per il 2023 si prevede di arrivare a 33 milioni di passeggeri totali: +11% sul 2019.
Secondo gli studi del Clia, nel 2022 più di 20 milioni di persone nel mondo hanno scelto di trascorrere una vacanza in crociera. Le analisi rivelano che in Europa sono state 5,8 milioni (+228% sul 2021) e, per loro, le tre principali destinazioni sono state il Mediterraneo (38,4%), il Nord Europa (il 29%) e i Caraibi (10,6%). In particolare, tra gli abitanti del Vecchio continente, l’Italia si conferma la meta preferita. Per quanto riguarda i Paesi di provenienza dei crocieristi, l’Italia è in terza posizione dopo la Germania (1,9 milioni di passeggeri, il 33% del mercato continentale) e Regno Unito e Irlanda (1,7 milioni, il 28% del totale)».
Gli italiani, che rappresentano il 14% dei crocieristi europei, sono quelli con l’età media più giovane: in media hanno infatti 40 anni e 7 mesi, contro i 47 anni e mezzo dei tedeschi e i 55 anni e 8 mesi di chi viene da oltre la Manica. Sempre secondo Clia, un sondaggio internazionale conferma che la voglia di crociere continua a crescere. L’85% di chi è stato in crociera dichiara di volerlo fare ancora e il 73% di chi non lo ha mai fatto considera con favore l’opzione. Il 71% considera “probabile” o “molto probabile” salire a bordo nei prossimi due anni».
Ciò detto, le cose da fare per sostenere questo settore sono ancora numerose, sia sul fronte degli investimenti che su quello politico-normativo. Serve, ad esempio, un quadro di regole stabile affinché il sistema finanziario possa sostenere nel migliore dei modi il settore della crocieristica, le compagnie e i cantieri navali nel loro impegno per raggiungere obiettivo zero emissioni che richiede l’Unione Europea. Per mantenere la leadership serve un sistema normativo non discriminatorio, basato sullo stadio di sviluppo tecnologico attuale che possa favorire l’innovazione delle nuove navi, già indirizzate verso l’obiettivo zero emissioni.
Non a caso due competitor come Costa Crociere e Msc Crociere condividono questa tematica. “Il primo traguardo a cui guardiamo nell’ambito del nostro percorso verso la sostenibilità – ha detto Mario Zanetti, direttore generale di Costa Crociere – è la realizzazione degli investimenti necessari per l’utilizzo dei sistemi di elettrificazione a terra e lo spegnimento dei motori in porto”.
Perché le navi sono già attrezzate, ma i porti no. “Oltre il 70% delle navi da crociera esistenti, e il 98% di quelle in costruzione – ha a sua volta evidenziato Gianni Onorato, ceo di Msc Crociere – ha la possibilità di attaccarsi alla corrente in banchina, funzionando così a emissioni zero nei porti. Ma nessun porto italiano è al momento attrezzato per offrire questa opportunità. Come Gruppo Msc abbiamo in costruzione due navi da crociera alimentate ad idrogeno, che entreranno in servizio nel 2027 e nel 2028, ma questo tipo di carburante non è disponibile da nessuna parte al mondo e anche per rifornire le navi alimentate a gas naturale liquefatto non esistono attualmente depositi nei porti italiani”.
Questo dimostra che l’industria crocieristica ha non solo già fatto moltissimo, finora, da sola, ma sta viaggiando a una velocità superiore ed è molto più avanti rispetto alle infrastrutture. Quello che sarebbe necessario è evidente: una regia nazionale e l’istituzione di un tavolo di confronto, che interloquisca anche a livello europeo, ascoltando l’industria crocieristica per programmare i futuri investimenti in ricerca e infrastrutture, da decidere in maniera coordinata tra pubblico e privato, stabilendo priorità e definendo standard tecnologici.
Insomma, l’industria delle crociere è materia da maneggiare con cura. L’inerzia politica e la mancanza di scelte normative chiare possono essere esiziali. Prendiamo il caso di Venezia. Sacrosanto aver vietato il passaggio nel Canal Grande delle mastodontiche navi da crociera. Ma aver perso anni senza trovare una soluzione alternativa, si è tradotta in una diminuzione di circa 800 mila passeggeri rispetto alle statistiche pre-Covid: il tracollo di oltre un milione di passeggeri su Venezia è stato mitigato solo per una piccola parte dagli altri porti adriatici. Forse è il caso di intervenire.
Teodoro Chiarelli