La disponibilità di una rete infrastrutturale affidabile, da sempre pilastro delle economie occidentali, ha assunto un valore ancora più grande dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Oggi possiamo affermare con assoluta e drammatica certezza che il conflitto avviato da Mosca ha colpito – e spesso affondato – il mercato logistico globale a tutti i livelli, e che la minaccia alla sicurezza dei trasporti continua a rappresentare un punto cruciale della guerra in corso. Testimonianza diretta, quest’ultima, della centralità della logistica a tutte le latitudini.
Che cosa è successo dopo l’invasione
Gli effetti della pandemia sulla capacità della supply chain di soddisfare il mercato delle merci e sulla disponibilità di container avevano appena iniziato a svanire quando la guerra ha iniziato ad avere i primi impatti sul settore. Dal giorno dell’invasione, l’azione militare condotta dalla Russia ha ostacolato il flusso di merci, ha alimentato l’aumento dei costi e la carenza di prodotti e ha creato una catastrofica carenza di cibo in molte aree del mondo.
Non è un caso che la Russia abbia gradualmente distrutto le infrastrutture agricole dell’Ucraina, interrompendo così l’intera catena di approvvigionamento. Il Mar Nero e il Mar d’Azov sono stati bloccati dalle forze armate russe e le spedizioni di grano ucraine sono state le prime a essere dirottate. Nemmeno l’accordo firmato a luglio tra Russia e Ucraina con le Nazioni Unite (ONU) per sbloccare le esportazioni di grano da tre porti del Mar Nero ha impedito a Mosca di attaccare il porto di Odesa poche ore dopo avere formalizzato l’intesa.
L’incertezza provocata dal mancato rispetto dell’accordo ha provocato un autentico effetto valanga sulle catene di approvvigionamento in tutto il mondo. In Europa, i prezzi del gas naturale sono aumentati di circa il 120-130% 6 mesi dopo l’inizio della guerra, mentre nello stesso periodo i prezzi del carbone sono aumentati del 95-97%. I prezzi della soia, del mais e del greggio – di cui la Russia è il principale produttore – sono costantemente in aumento. Il costo dei fertilizzanti, principalmente per colture e mangimi, già elevato a causa dell’aumento della domanda durante la pandemia, è diventato per molte aziende insostenibile.
Dalla crisi energetica alla centralità dei porti
L’impennata dei prezzi del petrolio e del gas, unita ai rischi geopolitici derivanti dal conflitto, hanno contribuito da parte loro a paralizzare le catene di approvvigionamento globali, in particolare nei settori logistici ad alta intensità energetica. Diversi porti sono stati chiusi a causa della guerra, portando a un ulteriore aumento dei costi di spedizione. Centinaia di navi, in un apparentemente inarrestabile effetto domino, sono state dirottate causando congestione e ritardi nei flussi di merci che hanno peggiorato le condizioni della supply chain globale. Oltre a ciò, le sanzioni hanno portato al passaggio dal trasporto ferroviario al trasporto marittimo, creando una enorme pressione sugli operatori e determinando una maggiore scarsità di container. Questa situazione ha portato a forti aumenti di prezzo per molti beni essenziali, come i cereali, che sono aumentati di circa il 60% solo tra febbraio e maggio 2022.
Giovanni Roberti