“L’autotrasporto, e il trasporto nel suo complesso, non rientrano fra le priorità del governo: i fatti parlano chiaro e in modo molto più trasparente di quanto faccia la politica”, spiega Maurizio Longo, segretario generale di Trasportounito che indica la strada giusta per un settore che sta vivendo un momento di grande difficoltà.
Oggi quali sono le prospettive dell’autotrasporto italiano?
“Considerando che da almeno dieci anni per l’autotrasporto italiano si ragiona in termini di mera sopravvivenza, riesce oggettivamente difficile parlare di prospettive. Il quadro di riferimento è costantemente peggiorato e oggi è caratterizzato da molteplici fattori di incertezza: diminuiscono le attività a livello internazionale; aumentano i costi e con essi i rischi finanziari; l’operatività è resa incerta dalla carenza del personale viaggiante; inoltre, ed è questo il male cronico, le condizioni contrattuali sono sbilanciate a favore dei committenti che possono giovarsi di tempi di pagamento a dir poco elastici; infine le infrastrutture, che, oltre ad essere insicure diminuiscono le velocità commerciali e via di questo passo”.
Il governo crede nel settore?
“I fatti parlano chiaro e in modo molto più trasparente di quanto faccia la politica. E i fatti confermano che l’autotrasporto, e il trasporto nel suo complesso, non rientrano fra le priorità del governo; non è un caso che il Ministero competente, quasi in un impeto di vergogna repressa, abbia sostituito il termine “trasporti” con “mobilità sostenibile”. Forse è più facile dissertare del futuro che affrontare il presente, in primis conoscendone dinamiche e problemi, quindi risolvendoli e infine tracciando una strategia”.
Quali provvedimenti dovrebbe adottare?
“Come detto ogni provvedimento dovrebbe essere parte integrante di una strategia e di una politica non solo settoriale, bensì economica all’interno della quale il cluster trasporti veda riconosciuto il suo ruolo strategico: e invece accade il contrario. I trasporti interessano solo a pochi addetti ai lavori e i provvedimenti che vedono la luce sono solo un coacervo di interventi normativi confusi, arrangiati e spesso improvvisati quando non palesemente contraddittori, prodotti nell’ultimo ventennio da politici incompetenti, o competenti in modo mirato e in funzione di interessi particolari di gruppi di potere fra i quali non rientra l’autotrasporto. E ciò accade quando sarebbero disponibili e persino comprensibili modelli alternativi: sul tema dell’autotrasporto i francesi sono avanti decenni perché hanno avuto il coraggio di affrontare in modo serio tutte le questioni inerenti le condizioni del trasporto su strada delle merci senza rinunciare ai principi del libero mercato”.
Il futuro dell’autotrasporto da dove passa?
“Usiamo un condizionale. Il futuro dovrebbe transitare attraverso una consapevolezza oggi inesistente relativa al riconoscimento di un ruolo incontestabile e alla necessità di garantire maggiore sicurezza sulle strade. Questi i due fari per un mercato che dovrebbe essere fortemente regolamentato con poche norme chiare e condivise mediante condizioni contrattuali inflessibili e sotto una costante attività di controllo. Se ancora oggi non si comprende che l’autotrasporto oltre ad essere un settore economico è anche un fenomeno sociale che rischia costantemente di scivolare verso la zona grigia dell’illegalità, significa che si vuole continuare a mantenere in vita un sistema, clinicamente morto per soffocamento, mediamente ultra-indebitato, non più in condizione di innovare ma costretto a trovare margini di sopravvivenza nel terreno fragile del taglio dei costi, dell’aggiramento delle norme, delle violazioni e quindi, come riflesso, della violazione delle condizioni di sicurezza. Sino al non lontano punto di non ritorno in cui anche l’autotrasporto, che muove l’80% delle merci nel Paese, non sarà più italiano”.
C’è una crisi di vocazioni, come si può fare per creare una nuova generazione di autisti?
“La soluzione al problema posto dalla carenza degli autisti non è quella banalmente messa a punto dal Governo e da alcune regioni, e non transita quindi attraverso contributi economici ai soggetti che acquisiscono le abilitazioni alla guida. Questo tipo di semplificazione è deleteria sia perché il risultato che produce è molto vicino allo zero, sia perché impedisce l’acquisizione di una visione politica adeguata all’importanza del tema. Noi abbiamo proposto azioni articolate che prevedono fra l’altro l’apertura di un ufficio ministeriale che si occupi esclusivamente dei conducenti esteri anche di quelli che non hanno ancora tutte le abilitazioni; inoltre misure di facilitazione all’esame evitando corsi costosi e inutili in quanto solo teorici; forme di addestramento presso imprese di autotrasporto selezionate per un breve periodo successivo a quello dell’acquisizione delle abilitazioni”.
Emmanuele Gerboni