di Teodoro Chiarelli
Genova – L’obiettivo indicato dall’Unione Europea è di trasferire entro il 2030 dalla strada alla ferrovia il 30% delle merci in transito con percorrenze superiori ai 300 km. Entro il 2050 la quota dovrebbe poi salire al 50%. Il perché lo spiega bene Ricerca sul Sistema Energetico, Rse spa, una società indirettamente controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze: “Gli autocarri, pur rappresentando meno del 4% del parco veicolare, sono responsabili di oltre il 25% delle emissioni di anidride carbonica derivanti dal settore dei trasporti su strada. In termini di quantità di CO2, un autocarro produce emissioni 20 volte superiori a quelle di un’automobile“. Il trasporto merci pesante su gomma rappresenta una parte fondamentale del nostro tessuto economico, garantendo la massima disponibilità dei beni essenziali su tutto il territorio e contribuendo al Pil nazionale.
Gli obiettivi Ue prevedono entro il 2030 il trasferimento su ferrovia del 30% del trasporto merci su distanze superiori a 300 chilometri che oggi avviene su gomma, e del 50% entro il 2050. L’Italia non è che brilli particolarmente. Anzi. Nel 2022 la quota di mercato del cargo ferroviario era all’11%, contro una media Ue del 17%, del 19% in Germania e del 30% in Austria.
Nel nostro Paese il trasporto su gomma storicamente la fa da padrone. Secondo quanto scritto dal Sole 24 Ore, il 60% degli addetti alla manifattura sul territorio nazionale si trova entro i 10 chilometri dal casello autostradale più vicino, e percentuali simili si osservano anche per gli addetti ai settori trasporti e magazzinaggio e per gli addetti totali. Le percentuali salgono all’80% per un raggio di 20 chilometri.
Il primo concorrente del trasporto merci ferroviario è dunque la rete autostradale: le autostrade, che rappresentano solo il 3% dell’estensione della rete stradale italiana, trasportano circa il 30% del traffico merci. È evidente che per trasferire quote crescenti di merci dalla strada alla ferrovia bisogna sviluppare forme di trasporto combinato camion+treno, ossia l’intermodalità. Oggi, però, il trasporto intermodale nel nostro Paese è poco di fatto poco competitivo: servono interventi e investimenti per renderlo più efficiente.
Per avvicinarsi agli obiettivi stabiliti dall’Ue, nei prossimi 10 anni sono previsti in Italia 3 miliardi di investimenti nel cargo ferroviario: serviranno ad adeguare infrastrutture e tecnologie. Il ricorso all’intermodalità paga. Basti pensare alle Autostrade del Mare: Alis stima che nel 2023 il trasporto intermodale abbia eliminato dalle strade italiane qualcosa come sei milioni di camion.
Insomma, il futuro, anche in Italia, non può che passare attraverso un sempre più ampio e solido binomio treno-traghetti ro-ro.