Gibuti al centro della crisi del mare

“Nonostante la crisi attuale, Gibuti è in grado di mantenere operativi tutti i sistemi necessari per il commercio globale”. Provava a buttare acqua sul fuoco Aboubaker Omar Hadi, presidente dell’autorità portuale di Gibuti (Djibouti Ports and Free Zones Authority – Dpfza), nella nostra intervista dello scorso febbraio. “Gibuti ha un ruolo chiave nel commercio marittimo globale, e nel corso di questi ultimi anni abbiamo aumentato in maniera significativa il traffico di transhipment, moltiplicando di quasi venti volte la quota dello stesso traffico di cinque anni fa”, sottolineava Hadi.

Le due sponde del corno d’Africa sono da molti anni al centro di una disputa implicita a livello internazionale, e la fascia del Sahel viene contesa dai regimi statali e dalle milizie locali, spesso supportate a livello economico da attori terzi che finanziano il terrorismo e l’instabilità. Basti pensare al vicino Sudan, in crisi ormai da anni con il Sud Sudan a seguito del colpo di stato del 2023, mentre la Somalia è ormai uno stato diviso in più entità, non riconosciute a livello internazionale. La Russia ha messo in costruzione una base navale a Port Sudan, mentre più a Sud, Gibuti è da cinque anni una base navale strategica cinese. Ma qui ha sede anche il comando americano CJTF (Horn of Africa Command), e Francia, Giappone e Italia sono presenti con le proprie unità di difesa e monitoraggio dei traffici. Nel 2017 Turchia e Sudan siglarono un accordo per un affitto a lunga scadenza per la presenza di Ankara a Suakin, sulla costa occidentale del Mar Rosso, dove la Turchia andrò a costruire un bacino navale per la manutenzione delle unità mercantili e militari. Uno snodo quindi strategico dettato dalla geografia, dove si intrecciano gli interessi commerciali mondiali e quelli politici.

L’operatività del porto di Gibuti

“Le nostre capacità operative in ambito portuali sono aumentate anche grazie a quattro nuove gru che ci consentono di ospitare navi fino a 22mila teu, grazie a un investimento da 70 milioni di dollari, che ha visto anche l’espansione della cantieristica navale. Siamo in contatto quotidiano con tutte le basi militari straniere nel nostro paese, e così come siamo costantemente aggiornati dalle missioni internazionali. Ma abbiamo anche aumentato le nostre capacità di dare supporto al naviglio in difficoltà, non soltanto per questioni legate alle attuali condizioni di insicurezza, ma per semplici attività di supporto ed emergenza. Ciò è in linea con gli standard della convenzione SOLAS, garantendo la sicurezza e l’incolumità delle navi che navigano nel Mar Rosso in caso di pericolo”.

Se, come dice Hadi, “non esiste oggi una costa sicura, in questa porzione di mare”, è lecito chiedersi quale sia il futuro del trasporto marittimo, secondo l’Autorità portuale di Gibuti: “Nel corso della storia, Gibuti è passata attraverso varie crisi”, ci racconta. “Restiamo ottimisti, e spero che le attuali sfide non persistano anche nel prossimo futuro. La nostra posizione strategica nei confronti del Mar Rosso ci consente di avere grandi opportunità, ma nel caso in cui la crisi dovesse proseguire siamo pronti a lavorare su soluzioni alternative per evitare un impatto eccessivo”. “È imperativo guardare alle azioni militari in atto come a una soluzione comunque non efficace. La situazione è eccezionale, e richiede approcci che travalichino le strategie convenzionali. Come Autorità, siamo coinvolti in prima battuta per trovare alternative per assicurare stabilità e collaborazione”.

Leonardo Parigi