Il settore delle spedizioni internazionali rappresenta in Italia circa il 20% del fatturato del settore trasporti, con decine di migliaia di addetti con una importante quota di Pil nazionale. Un quadro che non può non essere interessato alla transizione ecologica attuale, sia in termini di efficienza, sia per quanto concerne le nuove normative nazionali e internazionali. “Il percorso in questo senso è iniziato già cinque anni fa”, conferma Armando Borriello, Presidente di Fedespedi Giovani, “e la nostra sezione è diventata de facto il team dedicato alla parte sostenibilità di tutta la federazione. Un percorso che abbiamo iniziato con grande interesse, anche perché siamo consapevoli di come questi temi siano centrali per la politica, per l’economia e per le normative attuali – oltre che per la chiara importanza di salvaguardia ambientale”.
Con un particolare caveat, ovvero cercare di evitare operazioni di greenwashing e di semplice chiacchiera. “Al contrario, abbiamo cercato di capire innanzitutto cosa potessimo fare realmente. Gli spedizionieri, per loro stessa condizione, non hanno mezzi propri. E quindi abbiamo iniziato a tracciare una road map che partisse dalla consapevolezza del nostro ruolo. Seguendo anche gli stimoli in chiave europea, abbiamo poi stretto collaborazioni con diversi enti di ricerca e con alcune università italiane, tra cui la Liuc Università Cattaneo e con il loro “ GreenTransition Hub” interno, per dotarci di strumenti tecnici reali per il monitoraggio dell’apporto delle spedizioni. Sembra una banalità, ma non lo è affatto. È stato, ed è tuttora, un percorso lungo e complesso, ma che ci consente di avere una panoramica chiara e realistica sull’impatto delle spedizioni, per sapere come e dove intervenire davvero”.
Quindi prima una consapevolezza di sé e poi un monitoraggio dei dati? “Sì, perché solo grazie ai Kpi (Indicatore chiave di prestazione, ndr.) possiamo avere dei riscontri veri rispetto a ciò che diciamo ai nostri associati, e sulle indicazioni e suggerimenti che possiamo fornirgli. La nostra categoria è costituita per lo più da piccole e medie imprese, che non hanno competenze interne o risorse per creare, ad esempio, un bilancio di sostenibilità. Ma presto saranno parametri che invece saranno necessari anche per l’accesso al credito e per poter continuare a lavorare con realtà industriali molto più grandi, per cui è necessario che tutto il settore sia formato e preparato su questo punto”.
Le nuove direttive europee
La direttiva europea Csrd (Corporate Sustainability Reporting Directive), adottata ufficialmente dal 2022 e che entra in vigore a partire da quest’anno, cambierà radicalmente l’approccio delle imprese ai temi ambientali. È la base della finanza sostenibile, e riguarderà direttamente 50.000 aziende europee a partire dalle grandi da quest’anno, per poi arrivare alle medie e piccole entro il 2028 obbligandole a redigere e rendere pubblico il bilancio di sostenibilità secondo i nuovi parametri di rendicontazione.
“È necessario soprattutto che i parametri e gli strumenti di misurazione di tutte le modalità di trasporto merci, intermodale compreso, siano chiari e conosciuti da tutti, e che siano realmente rappresentativi delle nostre attività. L’entrata in vigore del CBAM ci ha colto abbastanza di sorpresa, se consideriamo che il legislatore europeo, pur perseguendo iniziative lodevoli, non ha saputo tenere in considerazione le particolarità specifiche dei singoli paesi. Su questi aspetti, è importante essere più collaborativi e aperti, per raggiungere risultati ambiziosi senza che diventi un boomerang economico e sociale”.
Il CBAM – Carbon Border Adjustment Mechanism è il cosiddetto meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, entrato in vigore a livello europeo tra le proposte del pacchetto “Fit for 55” che mira a ridurre entro il 2030 il 55% delle emissioni di gas serra. “Il nuovo tributo ambientale è finalizzato a garantire che gli sforzi di riduzione delle emissioni in ambito Ue non siano contrastati da un contestuale aumento delle emissioni al di fuori dei suoi confini per le merci prodotte nei Paesi extra UE che vengono importate nell’Unione europea”, recita la dicitura dell’Adm. “Per il sistema è un ottimo spunto”, ribadisce ancora Borriello, “ma dobbiamo prendere decisioni più in linea con le attività reali degli stati, altrimenti rischiamo che diventino misure insopportabili e che quindi vengano viste come negative dai settori economici coinvolti”.
Leonardo Parigi