Lo scorso luglio, durante la riunione del Marine Environment Protection Committee dell’IMO (International Maritime Organization), Clean Arctic Alliance ha invitato gli stati membri del braccio marittimo delle Nazioni Unite ad adottare obiettivi intermedi ambiziosi, in grado di portare a una riduzione delle emissioni 50% del trasporto marittimo entro il 2030. Secondo il Sian Prior, consigliere capo della Clean Arctic Alliance, la riduzione delle “Black Carbon Emissions” – che sono un potente fattore climatico – sarebbe raggiunta attraverso un passaggio obbligatorio: dai combustibili “sporchi” residui, a quelli distillati, soprattutto per le navi che operano nella acque artiche.
Il contesto del Mar Glaciale Artico, così complesso e remoto, è diventato estremamente più dinamico nel corso degli ultimi anni. Il progressivo fondersi dei ghiacci marini artici, non sostituiti in maniera sufficiente nella stagione invernale, sta lasciando sempre più spazio al mare. Un cambiamento epocale e rapido, anche perché l’impatto del cambiamento climatico è più accentuato rispetto alle nostre latitudini. Addirittura si stima che sia tra le tre e le quattro volte più forte, incrementando ulteriormente un circolo vizioso che modifica profondamente clima, ambiente, economia e società. In questo contesto, Russia e Cina stanno sempre investendo sulla rotta di nord-est (la cosiddetta Northern Sea Route), che andrebbe a tagliare di quasi 14 giorni la rotta classica a sud, con un conseguente notevole risparmio in termini di tempo e di denaro.
La crescita di una rotta rischiosa per l’ambiente
I rapporti dell’Occidente con Mosca sono oggi a dir poco gelidi, ma ci sono tutti gli ingredienti perché – in caso di riavvicinamento – le coste asiatiche possano avvicinarsi di molto, proprio grazie alla northern sea route. Quest’anno, seguendo le indicazioni del Cremlino, la Russia ha dato notizia di voler aprire la rotta commerciale delle sue coste artiche per l’intero anno. Gli obiettivi che Putin ha fissato per la Nsr (80 milioni di tonnellate di merce annue trasportate entro il 2024), per quanto oggi ben distanti dalla realtà, restano scolpiti nelle agende economiche e commerciali dei funzionari. La penisola di Yamal rappresenta il punto di partenza del gas naturale liquefatto (Lng) per una rotta che punta verso le coste asiatiche.Nel giugno del 2020 Novatek – che gestisce l’impianto di Yamal – è riuscita a mettere in mare la sua nave ammiraglia, la Christophe de Margerie, e a farla arrivare a destinazione in soli 12 giorni.
Scortata da una rompighiaccio nucleare, la nave metaniera ha percorso oltre 2.500 miglia nautiche in un periodo in cui il ghiaccio dovrebbe essere spesso, impedendo dunque la navigazione. La rotta del fiore all’occhiello della flotta Novatek è stato un test, riuscito, per vedere fino a che punto possa arrivare il nuovo tracciato marittimo. Partita il 18 maggio dal porto di Sabetta, la Christophe de Margerie è giunta alle acque dell’Oceano Pacifico il 31 maggio, arrivando poi a destinazione in Cina dieci giorni dopo. “Il clima e le condizioni del ghiaccio nei mari artici sono stati molto mutevoli ultimamente. In una situazione del genere, il ruolo delle previsioni idrometeorologiche tempestive e di alta qualità cresce in modo significativo. Senza adeguate previsioni è impossibile organizzare una navigazione sicura ed efficiente nell’Artico”, ha affermato Alexander Makarov, direttore dell’AARI (Arkticheskiy I Antarkticheskiy Nauchno-Issledovatel’skiy Institut, il più antico e rinomato centro di studi polari russo, ndr.).
Questa nuova rotta necessita però di infrastrutture lungo tutto il tragitto e la Russia, nel documento dal Ministero dei Trasporti, ha pianificato di aumentare la capacità dei porti da 32 miliardi di tonnellate a 83 milioni entro il 2035. Con il piano di mappare dettagliatamente tutte le secche nel tragitto, in modo tale da poter avere il transito di navi con un pescaggio fino a 15 metri. Se le stime di apertura della rotta sono però molto differenti tra diversi studi e proiezioni, tutto dipende infatti dalle singole condizioni di viaggio. Un esempio di quanto il clima incida è quello di due petroliere che passando per la northern sea route appunto, hanno impiegato lo stesso tempo che avrebbero impiegato passando per Suez, dovuto proprio allo spessore del ghiaccio che ha richiesto l’ausilio di un rompighiaccio e ha fatto ridurre la velocità a 3-4 noi in alcuni tratti. La rotta sarebbe quindi navigabile in alcuni periodi dell’anno con l’ausilio di rompighiaccio, e l’uso di convogli per ridurre i costi.
E qui entra in gioco un nuovo piano di sviluppo governativo per i porti marittimi di Arkhangelsk e Novaya Zemlja. “Il governo continua a sviluppare sistematicamente la rotta del Mare del Nord”, ha sottolineato il primo ministro Mikhail Mishustin presentando il nuovo piano infrastrutturale per la regione di Arkhangelsk. Secondo il documento, il porto marittimo locale triplicherà la sua capacità entro il 2035. I prodotti chiave per il nuovo porto di Arkhangelsk saranno i concentrati di zinco e piombo. Mentre nel 2022 ha movimentato 6,5 milioni di tonnellate di merci, nel 2040 sarà in grado di movimentarne 25 milioni di tonnellate, stando alle stime di Mosca. Per ampliarne le capacità, sono previste importanti operazioni di dragaggio nel fiume Dvina, e si prevede di potenziarne i collegamenti ferroviari da e per il porto marittimo. La costruzione del nuovo terminal inizierà entro il 2026 e sarà completata nel 2031. Il piano prevede anche la costruzione di un terminal a Novaya Zemlja, che sarà operativo nel 2026. La costruzione della nuova infrastruttura sarà coperta da un esborso straordinario, segno ulteriore dell’interesse federale per lo sviluppo della rete infrastrutturale artica costiera.
Leonardo Parigi