C’è stato un tempo in cui le città di mare brulicavano di marittimi, marinai, operatori di banchina, portuali. Dalle gru ai camion, dalle stive ai cumuli di carbone, le decine di migliaia di persone che vivevano nel mondo dei porti rappresentavano l’ossatura del lavoro, un complesso sistema in cui si avvicendavano famiglie intere e stirpi di uomini di mare. Lo scenario, lo sappiamo, è mutato radicalmente. Sono cambiate le norme e le regole per la sicurezza, è cambiato l’approccio al mondo del lavoro. E il mondo stesso. Le navi però continuano a viaggiare e spostare merci di ogni genere e tipo su tutti i mari. E se la formazione è stata considerata a lungo come un peso e un orpello – salvo per gli adempimenti burocratici e le patenti – oggi si è ritagliata un ruolo di primo piano sul panorama nazionale.
Salvatore D’Amico, Presidente del Gruppo Giovani di Confitarma, lo ha ribadito a più riprese nel corso degli ultimi mesi: “Dobbiamo investire sull’orientamento e andare a parlare nelle scuole, anche alle medie, per far conoscere il nostro settore. Se pensiamo che un ragazzo o una ragazza si iscriveranno alla Gente di Mare solo guardando al passato, presto ci troveremo senza personale qualificato”. Tema ribadito ultimamente anche dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso all’intervento di inaugurazione del Salone Nautico di Genova: “In Italia vi è una carenza di lavoratori marittimi di oltre mille unità, perciò nel disegno di legge sul made in Italy abbiamo istituito anche il liceo del made in Italy, che ci auguriamo possa contribuire a formare le competenze e le professionalità necessarie, così come è importante il disegno di legge di riforma degli istituti tecnici”.
Il personale di bordo si trova col contagocce, e tutti gli istituti nautici sono diventati oggetto di attenzione da parte delle aziende e delle associazioni di categoria. Si moltiplicano i Career Day e gli Open Day per tutta la Penisola, e così le fondazioni ITS di tutta Italia vanno ampliando la propria offerta formativa, anche per ottemperare alle richieste di Roma di raddoppiare gli iscritti per ottenere i fondi PNRR.
“La problematica riguardante la carenza di marittimi, conseguenza di un calo delle vocazioni a intraprendere le professioni del mare è causata, in particolar modo, dagli elevati costi d’accesso ai percorsi formativi obbligatori per lavorare a bordo, che se fino a qualche tempo fa, riguardava soprattutto le figure degli Ufficiali, oggi interessa tutte le professionalità di bordo”, spiegava in una nota Vincenzo Pagnotta, Coordinatore nazionale Marittimi della Fit-Cisl. Ma il tema rischia di essere più ampio, visto che mancano cuochi di bordo, medici, impiantisti, ufficiali di macchina.
A Venezia, lo scorso giugno, è nata l’Accademia del Mare e della Logistica, grazie all’acquisizione da parte dell’ITS Marco Polo dello storico consorzio di formazione del personale marittimo VeMarS. Un’operazione che racconta da sola le nuove esigenze del settore, a cui non servono solo braccia e gambe a bordo, ma molte teste. Perché le banchine e i gateway portuali vanno via via diventando più tecnologici e immateriali, dove la tecnologia e la digitalizzazione sono ormai direttrici attive di business. La logistica italiana deve necessariamente allargare il suo sguardo se non vuole perdere il treno degli investimenti di sviluppo. Che non riguardano solo i fondi europei del Next Generation EU, ma tutto un comparto in trasformazione, che avrà sempre più bisogno di un profondo ricambio generazionale, mantenendo intatta la sua vocazione e specificità.
Leonardo Parigi