Riforma dei porti, Ancip: “Attenzione a non stravolgere il settore, il presente funziona”

Migliaia di cantieri e centinaia di progetti in campo, per un Paese che punta sulla logistica e sull’intermodalità per migliorare i suoi collegamenti e i suoi numeri. Ma molto resta anche sotto al tappeto, perché al primo punto dell’agenda nazionale sui porti viene segnata un’ipotetica riforma complessiva. Qual è lo stato dell’arte, e quale la direzione che sostiene Ancip? “Ho la grande fortuna di applicare la mia identità da giurista a un’esperienza personale che si è evoluta all’interno del lavoro portuale”, afferma Gaudenzio Parenti, appena eletto Direttore Generale di Ancip – Associazione Nazionale Compagnie e Imprese Portuali. “E quindi, in virtù di questa doppia visione teorica e pratica, vorrei intanto sfatare un mito: i porti italiani sono efficienti, molto più di quanto determinati report affermino, prendendo nel computo totale anche i tempi in cui le navi sono in rada. Faccio mie le parole del Presidente Zeno D’Agostino, che dice ‘Dobbiamo smetterla di piangerci addosso’. Concordo con lui, perché le capacità del nostro sistema portuale sono ben al di sopra di come vengono spesso, erroneamente, rappresentate.

Questo non è un punto d’orgoglio, ma una base di una visione complessiva. Se prendiamo sempre a parametro i porti del North Range, sbagliamo. Sbagliamo perché utilizziamo un parametro fuorviante, prima di tutto per la geografia e l’orografia. E poi per storia, perché i porti che vengono presi in considerazione sono una manciata, mentre in Italia – di tutte le grandezze – ne possiamo contare ben 53. Come si può fare un paragone con due realtà così diverse? Forse dovremmo seguire meno i numeri dei rapporti che vengono redatti da istituzioni che non sono mai entrate in un porto, che non ne conoscono le dinamiche e le complessità”. 

Riforma dei porti all’orizzonte

Sul tavolo del ministro Salvini c’è una riforma dei porti. Che oggi appare ancora molto fumosa, visto che le istanze sono spesso molto diverse e in contrasto tra loro. “Guardando alla riforma, chiaramente si parla soprattutto di una gestione complessiva delle Adsp e della governance afferente. Come Ancip, però, vogliamo ribadire che è insidioso modificare un impianto sicuramente complesso ma altamente efficiente, come quello che regola oggi il lavoro nei porti. L’esigenza di continuità  della filiera produttiva si integra perfettamente nel contesto dei vari attori specializzati nelle operazioni e nei servizi portuali, compresi quelli tecnico-nautici. Ripeto: i numeri ci dicono che l’Italia ha una grande capacità di movimentazione di merci e passeggeri grazie all’alto grado di efficienza e flessibilità delle imprese e dei lavoratori portuali, e che siamo primi nel Mediterraneo anche per short-sea shipping. Ben vengano delle modifiche a ciò che è inefficiente, ma buttare via tutto per ripartire da zero è un concetto che non ci appartiene.

Proprio per questo motivo trovo inutilmente provocatorie le parole del Dott. Legora De Feo quando attacca, mistificando, il somministratore di manodopera temporanea ex art. 17. Al neo presidente in pectore di Fise Uniport ricordo che gli art.17 non sono mere riminiscenze storiche, ma gli unici soggetti che vengono autorizzati a seguito dell’aggiudicazione di un bando di gara europeo articolato secondo i principi unionali di concorrenza e, inoltre, le proprie tariffe sono parametrate al costo contrattuale e autorizzate con pubblicazione dalle AdSP. Sono operatori altamente efficienti, formati e qualificati e che, soprattutto, sono indispensabili alle imprese ex art.16 e 18 ad aumentare notevolmente la propria efficienza e produttività. Inoltre vorrei ricordare che a nessuna impresa è precluso assumere o aumentare gli stipendi, basta volerlo, magari tramite accordi di secondo livello. Pertanto, trovo le sue parole pericolose, proprio come la pratica di interscambio di manodopera tra diversi terminal riconducibili ad una stessa proprietà che, grazie al nostro contributo in fase di novellazione dell’articolo 18 sono ora vietate per Legge. Infine, mi auguro che le sue affermazioni non siano il preludio ad un attacco mirato al mercato regolato, al CCNL dei porti e al sistema nazionale della portualità.

“Puertos del Estado” è un modello che è stato riproposto più volte ultimamente. Una legge, quella spagnola, che accentra, dirige e regola i porti. Ma come può il governo sostenere una misura simile a quella spagnola, portando avanti parallelamente la riforma dell’autonomia differenziata? “È la politica che deciderà se riformare o meno la Legge dei porti. Confido comunque che il vice-ministro Rixi confermi l’importanza degli aspetti salienti del sistema vigente. Puertos del Estado ha numerosi punti di forza, che potrebbero essere ben declinati anche in una riforma. Tra questi, il fatto che comprenda ciò che per noi è suddiviso nella 84/94 e nel codice della navigazione, e che in più abbia la possibilità di indicare la politica industriale nazionale dei porti. Quest’ultima, oggettivamente, è una marcia in più. Come però possa declinarsi in una visione dove i territori rischiano di vincere sempre sul nazionale, è un bel mistero. Ancip è assolutamente favorevole a un sistema nazionale forte, con una visione comune, di ampio respiro. Che però sappia tutelare la differenziazione dei porti, senza avere una base normativa differenziata.

È assurdo provare a fare una legge per decidere d’imperio cosa debba movimentare un certo porto, quando chiunque è in grado di capire che sono le merci, i passeggeri e le rotte a preferire uno scalo a un altro. Le norme devono essere generali e uguali per tutti, e i porti devono continuare a manterenere un ordinamento pubblico e speciale. In più, come sottolineato dal presidente Pasqualino Monti, che per primo ha ipotizzato una riforma nel solco spagnolo, l’idea “Puertos del Estado” tutela anche il pubblico. l porto è mercato di accesso e di transito di altri mercati che necessità di una specifica e speciale regolazione, nell’interesse generale e particolare di ogni attore”. Quindi più Spagna che Grecia, visto che alcuni sostengono invece che il modello da seguire debba essere quello del Pireo? “Tra i due, sicuramente sì. C’è un enorme lavoro da fare anche sul tema della formazione professionale, che deve traguardare l’esistente e andare nella direzione di dare ai lavoratori e agli operatori portuali tutti gli strumenti per guardare al futuro con fiducia e capacità. Pensare di trasformare i porti in meri numeri, è fallimentare. I porti devono essere strumenti di crescita per i territori, condividendo ricchezza e benessere. ANCIP è pronta a dare il proprio contributo e supporto, anche in termini giuridici, al Viceministro Rixi e ai membri delle commissioni trasporti del Parlamento per questa eventuale riforma della portualità”. 

Leonardo Parigi