Un ecosistema digitale e green, l’approccio di Pragmatica Ambientale per i dati della logistica

“La digitalizzazione è uno strano oggetto, come il gatto di Schrödinger”, dice come prima cosa Stefano Perotti, Digital Strategy Advisor di Pragmatica Ambientale. Quindi esiste e non esiste allo stesso tempo? “Da una parte c’è, anzi è quasi una realtà compiuta. Tra GPS sui mezzi, CAN bus, software gestionali, soluzioni di monitoraggio più o meno evolute, sensori e quant’altro, ormai ogni operatore, di qualsiasi tipo e dimensione, usa quotidianamente sistemi digitali. Dall’altra parte, siamo quasi all’anno zero. Tutti questi strumenti non si parlano o si parlano pochissimo, i flussi di dati si interrompono subito o vengono collegati soltanto sporadicamente e con soluzioni ad hoc. E poi mancano soluzioni integrate con cui i diversi soggetti e livelli operativi possano avere un quadro comune della situazione e dialogare tra loro. La visione alla base del progetto digitale di Pragmatica Ambientale nasce da queste considerazioni”. 

Stefano Perotti

Il mondo della logistica ha ormai ampiamente sdoganato le attività digitali, e punta con forza anche su sistemi complessi e precisi. “Ma non basta, perché è una questione di concetto, non di tecnologia. Se continuiamo a puntare su un piano nazionale calato dall’alto, evidentemente non abbiamo capito molto dagli ultimi fallimenti in questo senso. Il discorso è più approfondito”, prosegue Perotti. “Il punto di partenza, per realizzare una reale digitalizzazione di sistema, è una piastra di connessione su cui si possano integrare e incrociare tutti i dati che oggi la logistica genera continuamente, ma che in gran parte non vengono raccolti e valorizzati come meritano. Per meglio dire: in alcuni casi questa raccolta avviene, ma al di fuori del mondo che li ha generati. In molti casi i sistemi digitali generano dati che creano valore per i gestori dei sistemi, ma non per gli operatori che li usano e che, con le loro attività, hanno prodotto questi dati”.

Il concetto è differente, quindi, perché vede generarsi “dal basso” le attività e i dati che possono essere condivisi. Dati che rappresentano il fulcro centrale del tema, e che possono essere utilizzati per diverse finalità, anche se partono dal singolo contesto della merce e della logistica. “Si tratta, quindi, di raccogliere i diversi sistemi digitali in un ecosistema aggregato, basato su una soluzione di asset and fleet management per integrare tutti i flussi e di condividerli, naturalmente con il consenso degli operatori. Questo ecosistema è più sostenibile, più sicuro e più partecipato. Del resto, questa è anche la direzione della transizione digitale europea, imperniata sui concetti-guida di interoperabilità e accessibilità. I processi, in particolare quelli della logistica, devono essere condivisibili e comunicabili in modo trasparente, efficace e sicuro, proteggendo i dati sensibili e gli interessi degli operatori e coinvolgendoli nella creazione di valore”. Pragmatica Ambientale progetta e realizza, tra i suoi servizi, un green digital asset funzionale a proporre servizi digitali per la prevenzione e la gestione delle emergenze ambientali. E quindi i dati generati da tale esperienza possono essere facilmente integrati anche su altri settori, in ambiti anche diversi. “Il concetto di Data Lakes è questo, ovvero il fatto che un qualunque sistema possa creare una varietà di dati dai quali “pescare” a seconda delle necessità. Chiaro che il mondo logistico sia centrale anche in tutto questo, perché è necessario che – per normative e per efficienza del sistema – si vada verso un’integrazione sempre maggiore. La tecnologia è una strada, ma non il fine“.

“Una soluzione di questo tipo nasce aperta e interoperabile: un sistema white label che le infrastrutture, i nodi intermodali e le diverse filiere di operatori possano personalizzare e condividere, per creare un sistema di cerchi concentrici nel quale i dati si diffondano attraverso istanze di controllo e gestione, per favorire partnership e collaborazione orizzontale e verticale.

In questo modo, l’interoperabilità si sviluppa in tre dimensioni:

  • la prima è quella dei sistemi: ogni soluzione IT accede senza barriere d’ingresso;
  • la seconda è quella dei dati: tutti i servizi e le applicazioni alimentano un flusso comune;
  • la terza è quella delle funzioni: accessibile, a diversi livelli, per tutti i soggetti coinvolti.

La connessione ha un valore di sistema e realizza quella che i fisici chiamano transizione di stato: come l’acqua, attraverso una riduzione continua della temperatura passa, improvvisamente, dallo stato liquido a quello di cristallo solido, così mettere in rete tutti i processi e gli operatori della logistica apre un campo di possibilità e funzioni completamente nuovo. Tutti i servizi digitali di cui oggi si avvalgono gli operatori diventano servizi a valore aggiunto (VAS) nelle piattaforme che vengono generate. In questo modo, non solo diventa più semplice installarli e usarli, ma si crea anche un hub di innovazione aperto, che favorisce l’innovazione e premia la qualità. In questo senso, il modello logico della piattaforma è un po’ come quello degli smartphone: c’è un sistema operativo su cui installiamo tutte le app che ci servono, senza difficoltà e accedendovi sempre dal medesimo dispositivo”. 

Ma a livello pratico, per cosa possiamo utilizzare i dati, detto che restino di proprietà di chi li ha generati? “Le applicazioni sono innumerevoli. Per esempio, i dati possono essere usati per produrre bilanci di sostenibilità, per gestire tutti gli adempimenti relativi a bonus e contributi, per fornire degli strumenti di analisi e governo delle filiere della logistica basati su dati reali e precisi. Si genererà un marketplace digitale a disposizione di tutti per far crescere gli indici di sostenibilità resilienza e sicurezza delle filiere. Anche perché i dati sono raccolti e gestiti da VAS di filiera, con cui è possibile valutare e certificare operatori e flussi. Quindi sostenibilità, resilienza e sicurezza non sono più obiettivi generici, ma valori reali e riconosciuti”. Una strada che si innesta perfettamente con le direttive europee in materia, che chiedono decisioni in tal senso con tempistiche stringenti. “Questo approccio, inoltre, permette di definire meglio le politiche e di coinvolgere appieno tutti i soggetti, garantendo maggiore rapidità e semplicità nella gestione degli adempimenti e maggiore efficacia delle azioni a sostegno, in primo luogo i contributi e gli incentivi. Per esempio, un’azienda che volesse certificare la sostenibilità della sua catena logistica potrebbe andare sulla borsa operatori certificata e organizzare una rete di operatori green. Allo stesso modo, questo strumento può essere usato per collegare mezzi e servizi, prendere in carico i flussi e creare un ranking di qualità costantemente aggiornato”.

“Ecco, allora, che la digitalizzazione diventa uno strumento per la promozione delle buone pratiche e il raggiungimento degli obiettivi strategici, ponendo le filiere italiane sulla frontiera europea più avanzata. Una frontiera nella quale la competizione interna non avviene più solo al ribasso sui prezzi, ma anche al rialzo sulla qualità. Significa creare una specie di DOC della logistica sostenibile e di qualità, un marchio accessibile solo a chi adotta le best practice riconosciute. Un marchio che diventa la condizione minima necessaria per partecipare al mercato. con regole che tutelano davvero l’eccellenza degli operatori italiani”.

Leonardo Parigi