Due buoni motivi per investire nella logistica italiana 

“Da penisola a piattaforma”: il titolo che ha animato la giornata di lavori organizzata a Trieste da ShipMag lo scorso 20 ottobre ha colto nel segno. A prescindere da ruoli, esperienze personali e posizioni politiche, ciò che è emerso nel corso del convegno è un fatto incontestabile: l’economia del Paese è sempre più basata su attività legate alla logistica.
Porti, ferrovie, aeroporti, rete autostradale e interporti rappresentano la spina dorsale di una nazione che, per posizione geografica e consolidata capacità della propria rete di piccole, medie e grandi aziende, ha fatto del mondo del trasporto un primario fattore di competitività.

La premessa è doverosa, se si parla di “dove” e “quanto” investire per consentire al Paese di non restare indietro rispetto a un mondo che corre a velocità sempre più sostenuta.
Del “quando” non occorre nemmeno parlare, proprio in considerazione dell’altrui celerità.

Dove investire, allora? Sugli unici due fattori che oggi sembrano in grado di sostenere il settore: tecnologia e formazione. Tecnologia, perché automazione e intelligenza artificiale sono fattori ormai concreti e non più vaghe promesse scritte su libri bianchi. E formazione, perché innovare i processi industriali senza avere precedentemente aiutato le persone a comprenderli equivale a non avere fatto alcun progresso. Queste, oggi, dovrebbero essere le prime preoccupazione dei neoministri del governo Meloni.
Sul “quanto” investire, senza avventurarci nella ricerca della cifra ad effetto, affidiamo il nostro auspicio a una banale considerazione: se, come molti economisti affermano, il cluster logistico genera nella sua complessità il 5% del PIL italiano, si faccia in modo che i piani del governo rispettino questa percentuale.

Abbiamo tralasciato, non a caso, il fattore sostenibilità. Non perché non ne comprendiamo la strategicità: al contrario, siamo talmente certi della sua importanza da darne per scontata la presenza nel piano d’azione del nuovo esecutivo. Il buon esempio fornito dagli attori del cluster marittimo-portuale, d’altronde, è sotto gli occhi di chiunque voglia vedere. Ed è, ne siamo convinti, il migliore punto di partenza per intraprendere l’unico percorso in grado di rendere competitivo il sistema-Paese.